“…Nullus Locus Sine Genio.” (Servio Mauro Onorato, Commento all’Eneide, 5, 95)
Il nome di GIANFRANCO DE TURRIS è assai eloquente per chiunque abbia avvicinato il mondo del Fantastico, e particolarmente evocativa è la sua introduzione a quest’antologia, riproposta nel 2005 in versione ampliata rispetto alla precedente del 2001.
Ideatore e curatore dell’opera, de Turris ci illustra i racconti di Roma Fantastica collegandosi a quella “voce del passato” che continua a manifestarsi attraverso il tempo: il Genius Loci, ovvero lo Spirito eterno e onnipresente legato ad un Luogo fisico, oggetto di culto e rispetto nell’antichità ma sepolto in una evirante dimensione favolistica dalla razionalità dei giorni nostri. In queste due parole dal sapore antico si cela l’ispirazione primaria di ogni autore del Fantastico: che si parli di fantasmi o astronavi, di apocalissi o mondi del mito, il denominatore comune è sempre questa entità soprannaturale che risiede in ogni luogo, reale o immaginario, e vi domina, nel bene e nel male. È il Vampiro che si annida nell’ombra, l’Alieno che si manifesta all’esploratore dello spazio, il Demone che evade dai confini della mente, la Spada Magica infissa nella roccia.
Chi lo scopre e riesce a raccontarlo è un privilegiato: forse il Talento può darne una pallida descrizione, ma incontrare il Genio non è prerogativa di tutti, esso si svela raramente, donando un’impronta immortale.
Questi sedici racconti, che spaziano dal Dark, all’Horror, alla Fantascienza, narrano lo Spirito di un Luogo particolare: la Roma dei secoli passati, presenti e futuri, l’Urbe che ha assorbito in ogni singola pietra l’impronta di coloro che l’hanno abitata durante migliaia di anni. Le leggende, i misteri, le fantasie che aleggiano nella Capitale sono la voce del Genius, e – non a caso – la maggior parte dei titoli di questa raccolta è in latino.
Nella panoramica offerta, il Genius possiede mille volti, e da sempre si cela nella “Roma Sotto”: città ctonia e oscura, separata dal Visibile non tanto per la barriera materiale del suolo quanto per la volubile capacità umana di percepire l’irrazionale. Entità benevola o malevola, impone una testimonianza tangibile di sé attraverso percezioni, apparizioni ectoplasmatiche e inquietanti deja vu, ma anche frantumando violentemente le strutture della città stessa, infestando le acque sotterranee fino ad erompere in superficie. L’elemento Acqua è spesso presente in questi racconti: a volte quella pura e cristallina delle fontane (Nella fontana di GIOVANNA MORINI), ma soprattutto quella torbida e oscura che scorre sotto terra, in condotti millenari e pozzi dimenticati. Acqua come veicolo di magia, e porta d’accesso per orrori senza nome (Specchi d’acqua di MARCO DE FRANCHI). Acqua come minaccia, a causa di sconvolgimenti climatici provocati dall’uomo (Roma Renovata di GABRIELE MARCONI), o come veicolo di alchimie mortali provocate dall’inquinamento (Agonia di ENRICO PASSARO); scenari fantascientifici, questi ultimi, ma non completamente improbabili.
Come ogni divinità, il Genius di Roma è capace di manifestarsi fisicamente in molteplici avatar: mostruosità in puro stile Lovecraft (Vorago di MARIO FARNETI), divinità ancestrali “rivisitate” (Aeterna – Un’avventura di Martin Mistére di ANDREA CARLO CAPPI e Lycaonia di CLAUDIO FOTI), ma anche figure femminili incantevoli e ingannevoli come sbuffi di fumo, capaci di testimoniare storie malinconiche e crudeli. L’associazione Amore-Morte costituisce un altro tema portante dell’antologia: Ai Giardini di Babilonia (LUIGI DE PASCALIS) ci riporta nei quartieri bassi di una Roma tardo-imperiale, dove la storia dolceamara di Scato e Fillide diventa tragedia, tra incantesimi di possessione e riti esoterici. Ricordi di Claudia (GIUSEPPE MAGNARAPA) racconta invece un dramma del passato che irrompe nel presente, dove fatalmente si conclude. A crudele manu rapta (FABIO D’ANDREA) ha un finale più consolatorio: la vittima di una violenza antica torna dalla morte per salvare un’altra donna dallo stesso destino.
Donne e amore, quindi, ma anche follia, suscitata in coloro che le hanno incontrate: La Lampada Eterna (MARCELLO DE ANGELIS), ha come protagonista la bellezza immota di una creatura senza nome (e solo apparentemente senza vita), capace di portare alla dannazione il più devoto dei credenti; oppure Delirio Cromatico (GIULIO LEONI), nel quale il rimpianto di un amore perduto è talmente ossessionante da spingere il protagonista a spalmare letteralmente su un muro il corpo dell’amata: carne, sangue e fluidi corporei riuniti a formare un affascinante quanto macabro ritratto.
Ne Il Crocifisso Nero (ALDA TEODORANI) non c’è amore, ma solo follia: il risultato è un racconto squisitamente horror, ispirato a una leggenda romana del XIII secolo.
A volte il richiamo del Mundus (il Regno del Sottosuolo) è solo una voce nell’ombra, seducente eppure fatale. In Mariantonia se ne va (NICOLA VERDE), la protagonista trova la sua storia d’amore in un ambito alquanto sovrannaturale: come narrano gli autori latini, esistono delle Porte, attraverso le quali gli abitanti degli Inferi possono non solo uscire tra i vivi, ma anche portarli “sotto” con sé. Tema, questo, comune a molte tradizioni, se pensiamo ai tumuli magici del folklore celtico.
Anche Inseguimento Notturno (MARCO MARINO) è una storia sentimentale assai particolare, perchè il Genius se la ride delle moderne magie virtuali, di cui è comunque più potente. L’incontro reale tra “A” e “B”, iniziato su una chat erotica, non avverrà mai: sarà un’entità molto meno tecnologica a condurre il gioco. Il Cyberspazio, infatti, può costituire un pericoloso Ostium Orci: ROBERTO GENOVESI, con il suo Inferi on net: hic sunt leones, ci racconta una storia fantascientifica d’ambientazione squisitamente “pontificia”. Il Demonio e le sue legioni trovano nella Rete un luogo ottimale per i loro agguati, e gli Esorcisti del Web li combattono, a colpi d’acqua santa e virus informatici, tra le rovine dei Fori Imperiali. Anche se oggi le Porte vengono chiamate Portali, il risultato non cambia, perchè il Genius muta con l’evoluzione (o l’involuzione) dell’uomo, mantiene le proprie caratteristiche ataviche ma s’impadronisce di ogni nuovo mattone, reale o virtuale, posato nel suo Locus. Sta all’umanità tentare di mantenerlo quiescente e, soprattutto, inoffensivo.