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Parte Prima: Affari di Famiglia
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Poiché Benny Imura non riusciva a tenersi uno straccio di lavoro per più di mezza giornata, decise di darsi all’attività di famiglia. E divenne un killer.
Tanto per cominciare, a Benny non piaceva affatto la sua famiglia, che consisteva in suo fratello Tom, e meno ancora gli piaceva il concetto di lavoro. La sola parte che gli sembrava abbastanza divertente era l’idea di ammazzare qualcuno.
Non l’aveva mai fatto prima. Si era esercitato un centinaio di volte nella palestra della scuola e dagli Scout, ma non gli era mai stato permesso di fare fuori qualcuno sul serio. Non prima che compisse i quindici anni.
«Perché no?» chiese un giorno al Capo Scout, un ragazzone di nome Feeney che era diventato famoso per avere lavorato alle previsioni del tempo in televisione.
Benny, che all’epoca aveva undici anni ed era ossessionato dalla caccia agli zombie, aveva chiesto con insistenza: «Perché non mi lasciate fare fuori qualche vero zom?»
«Perché questo è un lavoro che dovrai imparare dai tuoi» gli aveva risposto Feeney.
«Non ho parenti» aveva replicato Benny. «Mia madre e mio padre sono morti la Prima Notte.» «Scusa, Benny, l’avevo dimenticato. Il punto è che tu hai una famiglia, o almeno una specie di famiglia, giusto?»
«Già. Ho il Terribile Mister Perfezione Tom Imura come fratello, e non voglio imparare niente da lui.»
Feeney gli aveva piantato gli occhi addosso. «Wow. Non sapevo che fosse tuo fratello. Be’, ecco la risposta alla tua domanda, figliolo. Nessuno può insegnarti quest’arte meglio di un killer professionista come Tom Imura.» Feeney si era fermato un momento e si era passato la lingua sulle labbra.
«Immagino che essere suo fratello… insomma, devi avere visto parecchie eliminazioni.»
«No» aveva risposto Benny irritato. «Non mi lascia mai guardare.»
«Davvero? Strano. Be’, prova a chiederglielo, quando compi tredici anni.»
E così, quando Benny aveva compiuto tredici anni glielo aveva chiesto di nuovo, e ancora una volta Tom aveva risposto di no. Era fuori discussione. Aveva detto “no” e basta.
Tutto questo era successo più di due anni fa, e ora a Benny mancavano solo sei settimane al suo quindicesimo compleanno. Gli restavano quattro settimane per trovare un lavoro prima che l’ordinanza della città gli tagliasse i viveri. Non si trovava a suo agio in quella situazione e lo irritavano i soliti discorsetti sulla libertà a quindici anni. E odiava anche quando sentiva gli adulti che, parlando di qualcuno che lavorava sodo, dicevano stronzate tipo “che bravo, sta lavorando come se avesse quindici anni e debba guadagnarsi il pane”. Come se ci fossero dei motivi per essere felici. O per essere orgogliosi. Farsi il culo per il resto della vita. Benny proprio non capiva dove stesse il divertimento. Okay, forse qualcosa di buono in fondo c’era, visto che le giornate di scuola si riducevano alla metà, ma in ogni caso la faccenda non gli piaceva per niente.
Il suo amico Lou Chong diceva che era un segno dell’oppressione culturale crescente che portava l’umanità verso l’accettazione apocalittica dello stato di schiavitù. Benny non aveva la più pallida idea di che cosa volesse dire Chong o se ci fosse qualche significato in generale, quando parlava. Ma annuiva tutte le volte, perché dallo sguardo Chong sembrava sicurissimo di quello che diceva.
Finché quel giorno, a casa, davanti al dolce, Tom gli chiese: «Se ti faccio lavorare con me, mi combinerai casini?»
Benny gli rivolse lo sguardo più velenoso che riuscì a mostrare e rispose molto lentamente e scandendo bene le parole: «Io. Non. Voglio. Mettermi. A. Fare. Il. Tuo. Lavoro.»
«Lo prendo come un “no”, allora.»
«Non è un po’ tardi per farmi credere che sia il lavoro più bello del mondo? Ti ho chiesto un miliardo di volte di…»
«Mi hai chiesto di portarti con me a uccidere.»
«Esatto. E ogni volta tu…»
Tom lo interruppe: «C’è molto più di questo, Benny.»
«Sì, va bene, forse c’è altro, e forse avrei potuto anche fare le altre cose che dici, ma non mi hai mai lasciato vedere la parte divertente.»
«Non c’è niente di divertente nell’uccidere» ribatté Tom tagliente.
«Mi pare di sì, invece, a sentirti parlare di quando fai fuori gli zom!» rispose Benny.
La conversazione terminò lì.
Tom se ne andò in cucina sbattendo la porta e Benny si buttò sul divano. Tom e Benny non parlavano mai degli zombie, anche se in realtà avrebbero avuto tutti i motivi per farlo. E Benny non riusciva a capire. Odiava gli zom. Tutti li odiavano, ma per Benny si trattava di un’avversione ancestrale che risaliva ai suoi primi ricordi. Anzi, al suo primissimo ricordo: un incubo che ritornava ogni notte quando chiudeva gli occhi. Un’immagine che aveva sigillato nel cuore, qualcosa che aveva visto quando era piccolissimo.
Mamma e papà.
Mamma che urlava e correva verso Tom, spingendo Benny, che aveva solo diciotto mesi, tra le braccia del fratello. E gridava, gridava. Urlava di correre. Mentre quella cosa che era stato papà si trascinava verso la porta della camera che mamma aveva cercato di bloccare con una sedia, una lampada e qualsiasi…
Tit. originale: Rot & Ruin
Anno: 2010
Autore: Jonathan Maberry
Ciclo: Benny Imura #1
Edizione: Delos Books (anno 2011) Collana “Odissea Zombie” #1
Traduzione: Delia Mazzocchi
Pagine: 368
ISBN-13: 9788865301470
Dalla copertina | Nell’America post-apocalittica infestata dagli Zombie dove Benny Imura vive, ogni adolescente deve trovarsi un lavoro al compimento del quindicesimo anno di età, o dimezzare per sempre la propria razione quotidiana di cibo. Benny, però, non è interessato a portare avanti il business di famiglia, ma non ha scelta visti i precedenti fallimenti lavorativi; così accetta di diventare un cacciatore di zombie come quel vigliacco di Tom, il suo fratellastro. Il ragazzo si addentra nella desolata Rot & Ruin, il territorio in cui sono confinati gli zombie, con riluttanza, convinto di svolgere un lavoro noioso e pressoché inutile… prima di imbattersi in un terra senza dio, che gli aprirà gli occhi su un mondo totalmente diverso dalla vita a cui era abituato. Conoscerà il suo passato, i lati nascosti della personalità di Tom e il motivo per cui viene considerato da tutti come un eroe: perché là fuori, lontano dalle recinzioni del fortilizio, le distese aride di Rot & Ruin pullulano di rinnegati assassini a caccia di adolescenti, di segreti mortali, di zombie e di bellezze cresciute nelle oscurità del tempo. Rot & Ruin è molto più che un deserto senza vita.