S. nasce da un’idea di J.J. Abrams, noto produttore, regista e sceneggiatore (basti citare Fringe, Lost, o il ciclo reboot di Star Trek) e dalla penna di Doug Dorst, docente universitario di scrittura creativa (autore di Alive in Necropolis).
L’opera è sofisticata, attentamente realizzata per destare da subito la curiosità del lettore, sia che questi cerchi qualcosa di diverso dagli usuali schemi e dai troppo affollati sentieri, sia che, inseguendo tutt’altro, serendipicamente vi si imbatta.
L’impatto visivo iniziale non è gran cosa: la custodia scura, con un’unica grande lettera ‘S’ appena visibile nel contrasto certo non marcato tra nero e grigio, è chiusa con un sigillo che reca (oltre alle immagini di una scimmia e un veliero) una sibillina e misteriosa frase: “Ciò che inizia sull’acqua sull’acqua finisce e ciò che finisce sull’acqua là ricomincerà”.
Sul retro il minimo di spiegazioni necessarie a non rimanere eccessivamente disorientati da ciò che la custodia racchiude.
Rotto il semplice sigillo, ecco, l’immaginazione dispiega le ali.
Ci si ritrova infatti tra le mani un libro, dalla copertina spessa e ruvida, con pagine ingiallite macchiate dal tempo e dall’umidità, intitolato La Nave di Teseo.
Sul dorso la segnatura dell’immaginaria biblioteca che lo conserverebbe e, in fondo, varie timbrature per la presa in prestito e la restituzione.
All’interno ritagli di giornale, cartoline, telegrammi, foto, lettere. Persino un tovagliolo di carta.
Ai bordi delle pagine compaiono centinaia di annotazioni scritte (apparentemente) a mano, a penna o matita, e di vari colori.
Nella finzione letteraria, il romanzo è il diciannovesimo scritto da tal V.M. Straka, pubblicato nel 1949 dalla Winged Shoes Press (ma sulla costa del libro la casa editrice risulta essere Winger Shoes Press), con note e premessa di tal F.X. Caldeira.
La particolare copia che è tra le mani del lettore è stata dimenticata su un tavolo della biblioteca da un giovane ricercatore, Eric, e trovata per caso da una studentessa, Jen, che svolge per l’ateneo l’attività di bibliotecaria.
Le annotazioni più risalenti nel tempo, ‘scritte’ a matita, sono proprio di Eric, che lesse il libro già in età giovanile, per riscoprirne intatto il fascino molti anni più tardi. Questi appunti danno occasione a Jen di aggiungere propri commenti personali, a penna blu, ai quali Eric, ritornato in possesso del libro, risponde in nero. Successivamente i due continueranno il loro dialogo a distanza utilizzando penne arancioni e verdi, poi viola e rosse, in ultimo entrambi in nero.
Un fittissimo dialogo che, occasionato dalla ricerca della verità sul misterioso libro, si allargherà presto a confidenze molto personali, battute, consigli, tenerezze.
I piani di lettura divengono così molteplici.
Un primo livello è costituito dalla storia narrata ne La Nave di Teseo. Un secondo è fornito dalle note a piè pagina di Caldeira, che non conobbe direttamente l’autore (Straka) ma ebbe con lo stesso un fitto scambio epistolare; Caldeira interviene spesso per illuminare, secondo il proprio personale giudizio, molti passaggi del testo. Un terzo livello è all’evidenza quello rappresentato dalle annotazioni di Jen ed Eric, che costruiscono una storia parallela principalmente dedicata alla loro vita e alle loro esperienze.
Contribuiscono ad arricchire il quadro i numerosi inserti che forniscono aiuti nella decifrazione dei codici contenuti nel testo o aggiungono informazioni sulla vita di tutti i protagonisti.
Se di primo acchito S. sembra dedicato a coloro che amano l’oggetto-libro, basta poco per acquisire la consapevolezza di una realtà ben più complessa, rivolta a cultori della ricerca non confinata alla pagina stampata ma, piuttosto, aperta ad ogni possibile contributo.
Non a caso sono sorti numerosi siti specializzati che si occupano di rintracciare tutte le anomalie e gli indizi contenuti in quest’opera. Esiste un blog ufficiale, una wiki dedicata, siti che ripercorrono tutta la cronologia degli eventi legati al romanzo e della vita dell’autore immaginario, altri che spiegano l’utilizzo della eotvos wheel (un ‘docodificatore’, tra gli allegati al libro)…
Abrams ricerca e ottiene così la ‘multimedialità del libro stampato’, che si arricchisce quasi quotidianamente di elementi e di contributi.
La storia narrata ne La nave di Teseo si apre con un personaggio che ha dimenticato la propria identità; fradicio, come se fosse appena emerso dall’acqua, girovaga senza meta in una città cupa, di notte, incontrando strani personaggi e inquietanti ombre, fin quando in un locale tetro s’imbatte in una giovane donna, Sola, dalla quale si sente da subito mesmericamente attratto.
Non riesce a scambiare con lei che poche parole; viene infatti poco dopo tramortito, probabilmente drogato, e rapito. Al suo risveglio si ritrova su una nave inquietante, salpata verso una meta ignota, condotta da marinai con le labbra cucite (in senso letterale), agli ordini di un losco figuro dalla mole impressionante che parla una lingua pressoché incomprensibile. È proprio quest’uomo a rivelare al rapito che il suo nome è S. tacendo però ogni altra informazione.
Così il malcapitato, in attesa di conoscere il proprio destino, inganna il tempo cercando di comprendere i tanti segreti che la nave sembra celare, oltre alla misteriosa rotta. Perché tutti i marinai (tranne uno) hanno le labbra cucite? Perché quando risalgono da sottocoperta sembrano come esauriti, privi di forza? Perché la nave sembra costruita con materiali di fortuna più volte sostituiti?
E su tutte continuerà ad echeggiare sempre più prepotente la domanda: chi è lui?
Mentre il lettore segue questa storia, immancabilmente viene costretto a gettare lo sguardo sulla profonda attività di ricerca condotta dai due giovani studiosi Eric e Jen, che cercano di far luce sui reconditi significati del testo e sulla misteriosa scomparsa del suo autore, V.M. Straka, personaggio quasi mitico che la storia pare accostare ai più disparati moti rivoluzionari in ogni parte del mondo.
Sui tanti misteri che ruotano attorno a Straka (chi era, cosa ha voluto dire nei suoi tanti romanzi, in cosa era implicato…) pare abbia indagato anche chi ha curato il testo. Le stesse note inserite a piè pagina non sono semplici chiose o commenti, ma veri e propri messaggi in codice. Rivolti a chi? Straka è davvero morto?
Mentre Jen ed Eric indagano il profondo mistero, emergono sinistri particolari. ‘S’ infatti non è soltanto la lettera con la quale viene identificato il protagonista immaginario del romanzo (lettera che apparirà nei luoghi più vari da costui raggiunti), ma pare anche un simbolo criptico legato a una qualche misteriosa associazione segreta alla quale era forse legato lo stesso Straka. Questo simbolo è ben conosciuto dall’ex insegnante di Eric e attuale insegnante di Jen, il professor Moody – da Eric accusato d’avergli sottratto il risultato della sua ricerca su Straka –, e dalla di lui assistente Ilsa, in precedenza legata allo stesso Eric e ora relatrice di Jen.
In un siffatto quadro, il disorientamento per il lettore è immancabile.
Ma è indubitabilmente un risultato voluto.
Anche quando al lettore sembrerà di aver trovato punti fermi, ci sarà sempre un particolare, una nota, un commento di Jen o Eric a rimettere tutto in discussione. Disseminato di indizi e tracce, simbolismi e false piste, S. vuole risultare di continuo stimolo, e gli spunti per il gioco sono infiniti: il numero 19 ricorre di frequente (19 sono i marinai della nave, 19 sono i libri di Straka, la lettera ‘s’ è la diciannovesima dell’alfabeto americano…); numerosi riferimenti anche espliciti rimandano alle misteriose figure di Nazca; nelle note spesso sono celati codici, e molte delle coordinate che si incontrano possono essere ‘lette’ attraverso la eotvos wheel. A offrire ulteriori chiavi di lettura concorrono i richiami alle precedenti opere di Straka (non sfugge una qualche stretta connessione tra una di queste, intitolata Coriolis, e La nave di Teseo, o meglio, la sua rotta), le tesine di Jen, i parallelismi tra la vita di Straka e altri scrittori e letterati… Perfino gli errori rintracciabili nel testo (come il nome della casa editrice diverso nella copertina e nel frontespizio, o, per esempio, il fatto che Jen ed Eric facciano risalire alla Seconda Guerra Mondiale l’attentato all’arciduca Francesco Ferdinando) sono presumibilmente voluti per nascondere essi stessi dei codici.
La lente attraverso la quale leggere S. può forse ricercarsi su un piano più squisitamente filosofico.
Il titolo del libro fa riferimento a una particolarità legata alla nave del famoso eroe greco: le parti di questa venivano di continuo sostituite, tanto che alla fine l’imbarcazione non ebbe più un solo pezzo originale. La questione metafisica che ne emerge è la seguente: un’entità le cui componenti mutino tutte nel tempo, pur in costanza di forma, mantiene la propria identità?
S., dimentico di se stesso, assumerà via via ruoli diversi, senza mai ricordare del proprio passato altro che confusi frammenti; nato dall’acqua (e a questa tornato più volte) sembrerà di volta in volta perdere qualcosa di sé e acquisire qualcosa di nuovo, come la nave sulla quale viaggia. Sicuramente alla fine sarà una persona diversa da quella che era stata rapita; potrà allora dirsi ancora S?
Allo stesso modo Jen ed Eric, molto cambiati nel tempo, messi di fronte a scelte importanti e a difficili crisi, sono o no le stesse persone di quando hanno iniziato a leggere La Nave di Teseo? Può il loro incontro avere modificato ciò che erano?
La questione è essenziale, se solo si considera che proprio l’identità dei vari protagonisti (da S a Straka a Caldeira, ma non solo loro) è continuamente posta in discussione.
Ma è altresì possibile che il gioco, filosofico o meno, sia meramente fine a se stesso e che non ci sia una vera e propria soluzione.
Il viaggio, con alta probabilità, vale più della meta. Il che sospinge a interrogarsi sul vero valore di quest’opera.
È bene evidenziare che la storia narrata per così dire al primo livello non riveste particolare originalità. Come ha fatto ben notare anche Francesco Stefanacci nel suo blog Cronache di un Disadattato, al di là del facile rimando alla ‘K.’ del cognome del protagonista de Il Processo di Kafka (‘k’ come Keine, come negazione di se stessi), ‘S.’ richiama piuttosto con ben maggior vigore V., il romanzo d’esordio del postmodernista americano Thomas Pynchon. Edito nel 1963, da subito osannato dalla critica e divenuto noto al pubblico anche grazie al fumetto di Alan Moore V. per Vendetta (dove il protagonista legge spesso l’indicato testo), il romanzo tratta della inesausta ricerca da parte del giovane Stencil della misteriosa V., il cui nome menzionato con la sola iniziale compare negli appunti del padre (di Stencil) Sidney, membro dei servizi segreti morto in circostanze non chiare durante lo svolgimento di un’indagine sui moti del giugno del 1919 a Malta.
I punti di contatto sono notevoli: Stencil (iniziale ‘S’) cerca V. così come S. cerca Sola; altro protagonista di V. è Profane, ex marinaio che entra a far parte della Banda dei Morbosi (the Whole Sick Crew) che tanto ricorda l’equipaggio della nave di Teseo, in lento inesorabile disfacimento; lo stesso autore Pynchon, tanto riservato da guadagnarsi fama di misantropo, è misterioso quanto appare esserlo Straka.
I punti di contatto sono notevoli: Stencil (iniziale ‘S’) cerca V. così come S. cerca Sola; altro protagonista di V. è Profane, ex marinaio che entra a far parte della Banda dei Morbosi (the Whole Sick Crew) che tanto ricorda l’equipaggio della nave di Teseo, in lento inesorabile disfacimento; lo stesso autore Pynchon, tanto riservato da guadagnarsi fama di misantropo, è misterioso quanto appare esserlo Straka.
Non costituisce assoluta novità l’idea di inserire commenti a margine della storia che vengono a costituire essi stessi una storia a parte o una meta-storia, oppure elementi che valicano i limiti della pagina. Si pensi a Infinite Jest, di David Foster Wallace (edito nel 1996), dove le note divengono digressioni infinite, o ancor più a Fuoco Pallido, di Nabokov (edito nel 1962), dove l’opera poetica dell’immaginario John Shade è commentata dall’altrettanto immaginario Charles Kinbote. O ancora, nel recente Le Mappe dei Miei Sogni di Reif Larsen (edito nel 2009) la storia è accompagnata da schizzi e mappe che materializzano l’interesse del giovane protagonista cartografo per ogni dettaglio e per la rappresentazione dei luoghi che visita.
Se il progetto S. sconta antecedenti illustri e risente evidentemente del medesimo afflato che aveva suggerito ad Abrams l’idea di Lost, non si può tuttavia che ammirare l’infinita attenzione, precisione e cura realizzativa nel perseguire l’unico, lodevole scopo: consentire al lettore un viaggio quanto mai appagante, a prescindere dalla meta.
S. appare dunque a tutti gli effetti un’esperienza che il lettore non può perdersi.
Tit. originale: S.
Anno: 2013
Autore: J.J. Abrams, Doug Dorst
Edizione: Rizzoli Lizard (anno 2014)
Traduzione: Enrica Budetta
Pagine: 472
ISBN-13: 9788817068697
La quarta di copertina:
Un libro, due lettori, un mondo di pericolo e desiderio… Una giovane bibliotecaria trova per caso un libro lasciato fuori posto da uno sconosciuto: un lettore intrigato, rapito dalla storia e dal suo misterioso autore, come rivelano le note che ha appuntato a margine. Lei gli risponderà con note di suo pugno, dando inizio a un singolare dialogo che li condurrà insieme in un mondo sconosciuto. Il libro: La nave di Teseo, l’ultimo, discusso romanzo di V.M. Straka – autore prolifico quanto enigmatico – nel quale un uomo senza passato viene rapito e imbarcato a forza su una strana nave dal terrificante equipaggio e lanciato verso i pericoli di una missione ignota. L’autore: Straka, oscuro e discusso protagonista di uno dei più grandi misteri del mondo; rivoluzionario di cui nulla si conosce se non le parole che ha scritto e le teorie elaborate sul suo conto. I lettori: Eric e Jennifer, un ricercatore e una studentessa indietro con gli esami, entrambi chiamati a scelte cruciali per capire chi sono e che cosa vogliono diventare, e quanto saranno in grado di mettere le proprie passioni, ferite, paure l’uno nelle mani dell’altro. “S.” ideato, concepito, realizzato dal regista J.J. Abrams e scritto dal romanziere Doug Dorst, è il diario di due persone che si incontrano tra i margini di un libro per ritrovarsi invischiate in una lotta mortale tra forze sconosciute: un viaggio nell’universo della parola scritta che risucchierà i suoi lettori in una rischiosa spirale…