Era il dicembre del 1964 quando appariva per la prima volta in edicola, con l’albo ‘La Legge del Male’, la serie Satanik firmata da Magnus (Roberto Raviola, disegni) e Max Bunker (Luciano Secchi, testi), destinata a portare per dieci anni un contributo unico al genere noir che imperversava in Italia nel periodo del boom economico. ‘Sorella’ di Kriminal, altro stimato personaggio della coppia Magnus & Bunker, nato pochi mesi prima e palesemente ispirato a Diabolik (1962) della sorelle Giussani, la bella e pericolosa Marny Bannister protagonista della saga è molto più originale, specialmente se si vuole prenderne in esame la personalità.
Non c’è però bisogno di paragonare Satanik alla miriade di altri personaggi che affollavano le edicole e rendevano il noir un genere di largo consumo, produzioni di qualità spesso discutibile. Erano gli anni delle proteste e della liberalizzazione dei costumi, gli anziani rimanevano legati alle tradizioni e non avevano strumenti per comunicare con i giovani, che ambivano invece a svincolarsi dai vecchi tabù: in questo contesto il noir, che proponeva storie violente e sanguinarie, rappresentava un affrancamento rispetto a ogni genere di censura moralista, da quella ufficiale ‘di Stato’ a quella del parroco di campagna che selezionava per il cinema paesano le pellicole ‘accettabili’. Di conseguenza il genere, come riscosse le preferenze dei lettori, fu subito perseguitato dai benpensanti: all’Editoriale Corno diretta da Secchi spesso giungevano i richiami delle autorità e le denunce per i numeri con le storie più macabre e cruente.
Erano anche gli anni dell’emancipazione femminile, di cui le sorelle Giussani furono sostenitrici, e Satanik proponeva proprio la donna libera dal dominio dell’uomo e capace di eguagliarlo nel suo stesso ‘campo’; la malvagia eroina, infatti, in violenza e avidità non era da meno ai suoi colleghi maschi, in particolare Kriminal. Il valore e l’originalità del personaggio, però, non si limitavano al suo essere una inedita versione al femminile dei protagonisti maschili del noir. A differenza della maggioranza delle serie simili, dove il malvagio di turno inizia immediatamente a rubare e a uccidere prima ancora d’essere presentato, la storia personale di Marny Bannister viene ben descritta dai suoi autori che, con profonda umanità, rappresentano la protagonista come una vittima quasi costretta ad abbracciare il delitto come unica forma di riscatto da una vita difficile.
Non che per Kriminal o Diabolik mancassero giustificazioni più o meno comprensibili alla scelta d’essersi dedicati alla delinquenza, ma la tragedia umana che li caratterizza veniva spiegata solo successivamente, quando il lettore si era già fatto un’idea negativa del personaggio, e non è comunque legata a menomazioni fisiche. Marny Bannister invece, affetta da una malattia che le deturpa il viso rendendola una sorta di freak, non può che avere un trascorso da bambina e ragazza emarginata; malgrado l’impegno nello studio, il suo aspetto le impedisce una vita serena.
Con palese riferimento al capolavoro di Stevenson, come Jekyll anche la dottoressa Bannister, insegnante di chimica, si rivolge alla scienza, in questo caso chiedendo di riparare all’errore che la natura ha commesso; il risultato è anche qui un essere caratterizzato unicamente dalla malvagità. Ma, se il distinto Jekyll si trasforma nell’orrendo Hyde per separare le sue due nature, l’intento di Marny è molto più ‘innocuo’: desidera solo un volto sanato, diventare una bella donna. Riuscita nel suo intento, nasce poi in lei anche la bramosia di vendetta per tutti i soprusi subiti, e a farne per primi la spese sono le sue sorelle Dolly e Lydia e il padre Sam, che l’hanno sempre schernita. Da questo momento inizia la vita di Satanik, donna spietata a caccia di ricchezza e fama (nel terzo numero ‘Sete di Gloria’, all’alba della sua nuova esistenza riesce addirittura a diventare per breve tempo un’attrice), che con le sue azioni nefande fa dimenticare al lettore quell’umanità alla base del suo sofferto esordio. Soltanto a circa metà della serie (composta da 231 albi) la protagonista inizierà ad attenuare la sua feroce sete di sangue, subendo un processo di umanizzazione che la accomunerà a Diabolik (e dovuto sicuramente alle pesanti critiche indirizzate agli autori).
Tratti caratteristici della trama sono la presenza del soprannaturale, del sesso, di situazioni spesso sadiche, talvolta splatter, il tutto seguendo le inclinazioni criminali e scellerate della provocante antieroina.
Un elemento ricorrente è la continua ricerca di un modo per rendere più duraturi possibile gli effetti della pozione che ha donato a Marny la bellezza, da lei messa a punto seguendo le teorie dell’alchimista Masopust; introdotta come docente di chimica, Marny finirà con l’assomigliare sempre più a una sorta di strega.
Al numero 200 interviene un colpo di scena che costituisce anche una svolta in direzione un po’ più ‘mitigante’ nel tenore narrativo della serie: Satanik muore bruciata per poi rinascere l’albo successivo. Ormai è uscito di scena anche il tenente Trent, avversario che per Satanik rappresentava un ulteriore stimolo ad affermare la propria personalità malvagia – e figura immancabile nel noir, basti pensare al Ginko di Diabolik e al Milton di Kriminal.
Da Satanik è stato tratto nel 1968 un omonimo film, per la regia di Piero Vivarelli, con Magda Konopka nel ruolo della protagonista. Come tante altre versioni cinematografiche di fumetti celebri, la pellicola non rende merito fino in fondo alla complessità del personaggio a cui si ispira – un giudizio simile fu riservato da Gian Luigi Bonelli anche al film di Duccio Tessari su Tex Willer. Non potendo condensare in un paio di ore l’evoluzione che un personaggio come Marny Bannister affronta in oltre duecento albi, l’unico pregio di questa trasposizione è stato quello di permettere agli appassionati di vedere una conturbante versione in carne e ossa della loro beniamina.