Shazzan

Shazzan

Durante una violenta tempesta che spazza le coste del Maine, i gemelli Chuck e Nancy si rifugiano in una caverna in prossimità del mare. Il ricovero è ingombro di rottami portati dalle onde, fra i quali compaiono anche oggetti insoliti, come due bizzarri anelli che attraggono l’attenzione dei ragazzi: su ciascuno di essi è montata la metà di un piccolo disco, che appare appunto spezzato in due parti, in ognuna delle quali è incisa una parola, rispettivamente ‘Shaz’ e ‘zan’. I due frammenti sembrano combaciare alla perfezione e,  quando i ragazzi, indossati gli anelli, li incastrano l’uno all’altro per  ricomporre il disco, e leggono la parola che ne risulta, ‘Shazzan’, inconsapevolmente attivano un potente incantesimo. Si ritrovano così in un mondo simile a quello delle ‘Mille e una notte’ in compagnia di un gigante con il pizzetto, le orecchie appuntite e la testa rasata tranne la nuca, dove i capelli sono raccolti in una coda di cavallo. Con un sorriso disarmante, l’essere si presenta come Shazzan, il Genio legato agli anelli, che d’ora in poi li servirà.

Shazzan può soddisfare tutti i desideri dei suoi ‘padroncini’, eccetto quello di riportarli nel loro mondo. Soltanto restituendo gli anelli al legittimo proprietario i due giovani potranno tornare a casa, ma purtroppo il Genio ignora dove si trovi questa persona. Per aiutarli nella ricerca Shazzan, dona loro il cammello volante Kabooby, e promette di comparire ogni volta occorra il suo aiuto. Basta far toccare gli anelli e pronunciare il suo nome…

La serie Shazzan parte da premesse divertenti e originali: un’ambientazione esotica che richiama il mondo fiabesco di Alì Babà e Aladino, due intrepidi e giovani protagonisti, tante magie, e un Genio simpatico e protettivo. L’animazione è quella tipica dei cartoons Hanna-Barbera: sigla orecchiabile, tratto semplice, colori squillanti, fondali e movimenti ridotti all’essenziale. Purtroppo le vicende peccano un po’ di ripetitività, hanno qualche buona trovata ma spesso ruotano intorno alla separazione dei gemelli e alla conseguente impossibilità di unire gli anelli e chiamare in aiuto il Genio nelle situazioni di pericolo. Mentre i due giovani dovrebbero essere indiscussi protagonisti per assecondare il target di bambini a cui la serie si rivolge, in realtà il vero eroe risulta sempre Shezzan, e i piccoli ‘padroncini’ finiscono col diventano solo un pretesto per esibire le prodezze del buon gigante.

Il linguaggio utilizzato è elementare, la violenza è edulcorata anche per gli standard del pubblico americano, gli episodi durano appena un quarto d’ora. Ovviamente non ci sono riferimenti religiosi: il mondo di Shazzan, pur assomigliando a quello arabo del nostro Medioevo, è del tutto laico, e mantiene solo un blando folclore da fiaba, la magia buona del Genio contro quella cattiva dei suoi avversari, un ateismo politically correct calato in uno scenario in cui i personaggi si comportano seguendo stereotipi da telefilm di avventura americani per giovanissimi, vagando nel deserto come in una sorta di Disneyland a tema, popolata da Yankee in costume orientale.

È un peccato, perché le potenzialità dell’idea di base potevano essere meglio sfruttate, e si presterebbero oggi a interpretazioni assai moderne, sia in versione cartoon sia in live action. Immaginiamo per un attimo Shazzan realizzata con protagonisti adolescenti, meno inetti, che si affidano al potere degli anelli solo in caso di necessità estrema; introduciamo un Genio affascinante, magari ispirato o interpretato da un bell’attore dai tratti esotici, che conquisti gli adolescenti e piaccia alle mamme; affianchiamogli avversari e comprimari dotati dello stesso appeal. Un tratto curato, effetti speciali, fondali dettagliati o riprese accurate, magari proprio in località lontane… Sarebbe una bella promozione turistica per il Medio Oriente che in molti conoscono solo per le tragiche cronache dei telegiornali.

Quanto a eventuali problemi ideologici, il tema del confronto tra culture è stato affrontato anche dal cinema di animazione, e non solo in Persepolis o in Valzer con Bashir, lungometraggi destinati agli adulti. Basta dare un’occhiata a Azur e Asmar, di Michel Ocelot, per scoprire che si può avvicinare anche i più piccoli alla conoscenza delle diversità culturali e religiose. Un intrattenimento intelligente potrebbe affrontare i temi della convivenza tra credi e culture diverse senza retorica, mentre Shazzan ha perso questa occasione, e non per colpa dell’epoca in cui è nato.

Purtroppo il cartone schiva ogni questione etnica e cerca di rivolgersi ai più piccini semplificando trame avventurose adatte a spettatori più maturi. Taglia e cuci, le vicende perdono mordente, divengono ripetitive, al punto che la serie non ha una conclusione vera e propria. Il trentaseiesimo e ultimo episodio lascia i nostri eroi ancora in cerca del padrone degli anelli. Chuck e Nancy restano intrappolati nel magico Oriente, e ancora non hanno trovato il modo di tornare a casa…