Anche senza essere dei patiti sfegatati, è quasi impossibile non aver mai sentito parlare di Asterix, dei Puffi, di Lucky Luke, di Tintin, di Gaston Lagaffe, di Spirou & Fantasio. I grandi eroi degli anni d’oro che hanno conosciuto una fama planetaria e con essi i loro autori. Ma le cose stanno cambiando. Nuvole nere si stanno addensando sul panorama del fumetto franco-belga da alcuni anni a questa parte.
Segnali si accavallano, sempre più numerosi; l’ultimo l’11 ottobre scorso al Quai des Bulles 2014, il festival del fumetto di Saint Malo, uno degli eventi principali del settore: per due ore gli artisti ospiti hanno dichiarato lo ‘sciopero delle dediche’. All’origine della protesta la discussa riforma pensionistica del RAAP (Régime des Artiste et Auteurs Professionnels) che ha recentemente annunciato un aumento dei contributi annuali destinati alla pensione complementare. La maggiorazione corrisponde circa a un mese di onorario, un vero salasso per molti artisti i cui introiti si aggirano già ben al di sotto del minimo sindacale. In breve: l’ennesima stangata a un settore che continua a sprofondare. Attraverso lo SNAC (Syndicat National des Auteurs et des Compositeurs), gli artisti avevano reso pubblico il loro malcontento già nel giugno 2014, scrivendo una lettera aperta all’allora ministro della cultura Aurélie Filippetti. Nella missiva, l’autore Xavier Mussat si chiedeva a quale classe sociale si dovrà appartenere un domani per continuare a esercitare serenamente questa professione; chiunque non fosse almeno alto borghese rischierebbe di vedersi confiscare il proprio diritto a produrre cultura. Il ministro, destituita in agosto, non ha potuto replicare, ma una risposta raggelante è giunta dall’autore Emmanuel Lepage, secondo il quale in futuro lo statuto di scrittore sarà riservato unicamente a coloro che possiedano una rendita alle spalle o, peggio, questa professione rischierà di sparire.
Una crociata di protesta meglio coordinata è nata e si sta maggiormente organizzando sotto l’egida dei nuovi EGBD (Etats Généraux de la Bande Dessinée, Stati Generali del Fumetto) convocati per la prima volta proprio durante il Quai des Bulles. Il progetto del neo collettivo prevede in primis uno ‘stato dei luoghi’, una ricerca accurata affidata a un’equipe universitaria che valuti il reale peso economico del fumetto. Gli studi saranno via via pubblicati al fine di fare chiarezza e soprattutto trovare delle soluzioni concrete ai problemi che affliggono questo settore. Nel frattempo il nuovo anno si annuncia rovente, e per fine gennaio è in programma una ‘Marcia degli Autori’ al Festival d’Angoulême 2015.
Tuttavia un’analisi rapida ma efficace è già stata effettuata dalla giovane regista Maiana Bidegain nel 2013. Come molti altri, Maiana divora i suoi adorati fumetti fin dall’infanzia; diventata adulta ha deciso d’indagare meglio il dietro le quinte di questo apparente mondo dei sogni. Lo ha fatto con il suo documentario Sous les Bulles (Sotto le nuvolette), che in meno di un’ora offre uno spaccato lucido e diretto della situazione odierna della Bande Dessinée, spaziando su tutta la catena produttiva: dagli autori, editori, distributori, sino alle librerie specializzate.
Il giornalista Frédéric Vidal si offre per una introduzione. Il fumetto nello spazio franco-belga-svizzero è ben lontano dall’essere un prodotto di nicchia. La cosiddetta BD muove un giro d’affari che va dai 350 ai 410 milioni di euro l’anno; le vendite dei best seller raggiungono in media le 400.000 copie occupando spesso i primi posti nelle classifiche editoriali.
Prima degli EGBD, prima ancora di Maiana, già qualcuno si è occupato di tenere accuratamente i conti; questo qualcuno è Gilles Ratier, giornalista specializzato dell’ACBD Association des Critiques et Journalistes de Bande Dessinée. Da circa dieci anni Gilles stilla una relazione annuale sull’andamento del mercato, e già da un pezzo ha suonato il campanello d’allarme. Una ventina d’anni fa sul mercato comparivano circa 300-500 nuovi albi all’anno, riedizioni comprese; a partire dal 2000, con la massiccia diffusione dei manga e di altre edizioni, le cifre sono aumentate fino a toccare i 5000 albi, un numero che rischia di far saltare il banco. Secondo i calcoli di Gilles, tra i circa 1446 autori odierni, appena 300 possono dirsi agiati, la metà vive decentemente, tutti gli altri “crepano di fame”. È proprio per denunciare questo degrado crescente che nel 2007 gli autori di BD hanno deciso di fondare un nuovo ‘gruppo fumetto’ all’interno del sopra citato SNAC.
Maiana comincia la sua indagine dal principio: com’è la vita di un autore? Ce lo spiega il fumettista Fabien Velhmann. Per cominciare, un autore non è un lavoratore dipendente di una casa editrice; l’autore scrive un progetto che presenta a un editore: se (e solo se) l’idea viene approvata, l’artista riceve quello che viene chiamato un ‘anticipo sui diritti d’autore’ per realizzare l’opera, una cifra che si aggira sui 20.000 euro. Può sembrare una bella somma, ma deve coprire un anno intero di lavoro, e spesso deve essere spartita con un collaboratore, ad esempio un disegnatore o un colorista. Quando l’opera è finalmente distribuita e venduta, i primi introiti vanno alla casa editrice per rimborsare l’anticipo; una volta ripagato questo ‘debito’, l’autore inizia a incassare i diritti d’autore veri e propri, che si aggirano intorno all’8%: su ogni album venduto a 10 euro, autore e disegnatore si spartiranno quindi 80 centesimi di ricompensa. In caso di grande successo, con tirature ragguardevoli, ad esempio di 50.000 copie, si sente il profumo dei soldi; ma la maggior parte delle vendite si ferma a 3000 e dai diritti s’incassa quindi ben poco. Se poi le vendite non arrivano nemmeno a coprire l’anticipo, la casa editrice non può rifarsi economicamente sull’autore ma difficilmente gli offrirà un secondo contratto. Un bel problema per lavoratori già abbastanza precari, che secondo le leggi francesi vigenti non hanno diritto a disoccupazione né ad alcun altro aiuto statale.
Il disegnatore Marko (Mark Armspach) spiega inoltre come, nonostante le apparenze artistiche, quello di autore-disegnatore sia un impiego ‘vero e proprio’ che necessita di competenze precise e approfondite, non un qualcosa che s’improvvisa sulla scia dell’ispirazione. È imperativo conoscere bene il mestiere per reggere i ritmi di lavoro che prevedono minimo una tavola a settimana, un mestiere che tra l’altro il più delle volte non basta per portare il pane sulla tavola; per arrotondare è necessario occuparsi anche di una serie di lavoretti di cornice: loghi, pubblicità, animazione, manifesti, ecc. Praticamente impossibile dedicarsi solo al fumetto. La bravura e l’esperienza non bastano, quando un progetto è terminato oppure rifiutato si deve ogni volta ripartire da zero, poco importa quanti albi si abbiano già all’attivo; nessuno ha ancora trovato una ricetta per il successo sicuro e, nonostante tutto l’impegno profuso, il fallimento è sempre dietro l’angolo. Il sogno d’infanzia poi realizzato dopo lunghi anni di praticantato è costantemente guastato dall’angoscia economica, la passione di raccontare storie è sempre bruciante e spinge senza sosta a perseverare, ma la serenità resta merce rara.
E quelli che gli albi li vendono? Come se la passano i librai? Il signor Jacques Dubois, libraio di lunga data, offre il suo punto di vista. Tolte le fiere e altre manifestazioni, gli autori non possono incontrare spesso i propri lettori, volenti o nolenti fanno vita piuttosto ritirata: questo rapporto con il pubblico è delegato ai librai che si fanno portavoce delle opere. Per consigliare seriamente il lettore/cliente è necessario conoscere bene l’argomento, vale a dire leggere ciò che si propone. Il mestiere è cambiato molto in trent’anni, afferma Jacques, una volta si leggevano i fumetti, oggi si aprono scatoloni. Impossibile trovare il tempo di leggere tutto ciò che propone il mercato, le nuove pubblicazioni e le riedizioni, i cofanetti, le edizioni speciali e via dicendo… le uscite si accavallano a ritmi sempre più frenetici. Scatoloni su scatoloni. Si finisce col perdere il gusto per il proprio lavoro. Non è solo la schiena a dolere, è un sistema controproducente. Negli anni ’80 un albo restava in vetrina – e di conseguenza si vendeva – per tre mesi buoni; oggi gli albi sono continuamente scalzati dai nuovi arrivi, non c’è più il tempo di promuovere un’opera e le vendite restano esigue. I librari sono diventati i banchieri delle case editrici, e gli editori sono costretti a invadere il mercato con un numero sempre maggiore di volumi per riuscire a reggere finanziariamente.
Sempre secondo la relazione di Gilles Ratier, in Francia si contano circa 326 case editrici di fumetti, ma il 45% del mercato se lo spartiscono in quattro: Média-Participations, Delcourt, Glénat e Éditions Gallimard. Per il signor Guy Delcourt, della casa omonima, il lavoro di un bravo editore consiste nello scovare buone opere e farne dei successi. È l’editore che accompagna e sostiene un autore lungo tutta la sua carriera; l’opera da sola non basta, la parolina magica si chiama ‘visibilità’, ed è fondamentale per essere conosciuti e apprezzati da un vasto pubblico.
Si deve poi combattere quotidianamente con rigide scadenze. Claude de Saint Vincent, della Média-Participations, sottolinea bene questo aspetto. L’editoria è un mestiere a cavallo tra artigianato creativo e industria. È necessario destreggiarsi costantemente tra l’irrazionalità del genio creativo e la razionalità impietosa della fabbricazione e della commercializzazione.
Gli editori come vedono l’evoluzione del mercato? Durante gli anni ’80 i fumetti erano ancora per certi versi un prodotto di nicchia, gli editori dedicati erano poco numerosi e il mercato era ancora semplice; un paesaggio piuttosto desolante rispetto alla varietà odierna. Col tempo lo sviluppo si è attuato su ogni fronte: il numero di autori, albi ed editori è progressivamente cresciuto; anche i lettori e gli appassionati sono aumentati, ma non esattamente allo stesso ritmo. Un problema comune a molti altri settori artistici, secondo Guy Delcourt, una sovrapproduzione non proprio positiva causata però a monte da una positiva apertura verso molti nuovi artisti che hanno finalmente ottenuto lo spazio per esprimersi. Claude de Saint Vincent è piuttosto netto sull’argomento: oggi è relativamente facile per un giovane autore farsi pubblicare, molto più dura è l’impresa di trovare dei lettori.
Sovrapproduzione: sembra essere proprio questo il nocciolo del problema. Non essendoci ricette per il successo, gli editori non si affidano certo a strategie matematiche per decidere ‘quanto’ pubblicare, quello che conta è la qualità della creazione. Le case editrici non si sentono responsabili del problema quanto piuttosto vittime. Cosa c’è di sbagliato nell’offrire un’opportunità a nuovi artisti? La sovrapproduzione è fatta anche di varietà e diversificazione, di moltiplicazione dei talenti. Guy Delcourt considera sciocco pentirsi di avere troppi autori o troppe opere, per lui resta una inestimabile ricchezza. Claude de Saint Vincent conclude affermando che per pubblicare fumetti non basta stampare eroi, bisogna essere eroi.
Ricchezza o saturazione quindi? La regista Bidegain prosegue l’inchiesta raccogliendo l’opinione di chi stampa questa moltitudine di opere. Il tipografo Jean-Louis Lesaffre è piuttosto critico sull’argomento: secondo il suo parere le nuove pubblicazioni stanno diventando davvero troppe, con cifre completamente scollegate dal numero di lettori potenziali. Disporre di più libri da stampare non è sempre positivo: a cosa serve possedere stock impressionanti se ci si ritrova con debiti altrettanto mostruosi? La regista pone una domandina piuttosto scomoda: qual è il costo medio della stampa di un album? Il tipografo risponde senza tirarsi indietro: tenendo conto esclusivamente degli oneri di stampa, un albo a fumetti costa all’incirca 1 euro.
Un euro per un albo che sarà venduto in media a 10-15 euro. Dove va il resto? La catena di montaggio prevede ancora diversi intermediari. Una volta che l’albo diventa realtà in tipografia, deve poi essere materialmente consegnato nei vari punti vendita. È il compito del distributore. Il gruppo Hachette fa viaggiare ‘fisicamente’ una media di 1.200.000 opere al giorno. Oltre alle mansioni strettamente logistiche, il distributore si occupa anche dei flussi finanziari: incassa la cifra d’affari e la riversa agli editori dopo aver trattenuto il costo della propria commissione. Questi flussi possono essere in attivo come in passivo: il distributore si fa carico anche di ritirare gli invenduti e metterli in stock per una eventuale svendita o per il macero definitivo. Un responsabile della logistica vede sempre di buon occhio un grande flusso di merci, pertanto i distributori non sembrano percepire nessun problema di sovrapproduzione.
L’attore seguente è il promotore (diffuseur). Per far conoscere al pubblico una nuova edizione, l’editore si avvale normalmente del proprio ufficio stampa e marketing; le relazioni con le grandi catene di vendita (librerie, edicole, ipermercati ecc.) invece sono affidate appunto al promotore. Thierry Atzori, direttore generale di Delsol, spiega che il lavoro è più complesso del semplice spingere un libraio a ordinare dei titoli da rivendere: 2 o 3 mesi prima che un’opera compaia nei punti vendita, l’agente mette in contatto editore e dettagliante per decidere la linea d’azione più efficace e offrire il migliore risalto possibile alle nuove pubblicazioni al fine di trarne ovviamente il maggiore vantaggio. Anche questo mestiere ha subito recentemente grandi mutamenti. Oggigiorno le importanti catene commerciali hanno centralizzato molto, mettendo spesso un unico agente a capo di una vasta rete; ciò ha spinto alcuni editori a fondare reti di diffusione in proprio, perché la battaglia resta sempre quella: la visibilità. E le prime file sono sempre appannaggio dei più forti. La visita di un lettore in una libreria è mediamente piuttosto breve, pertanto la semplice disposizione delle pile di volumi può fare la differenza. Benché la merce venduta possieda indubbiamente un grande fascino artistico, a fare la storia sono solo le cifre. Il libraio Dubois confida ad esempio che Media Diffusion è arrivata al punto di promettere un premio ai dettaglianti per cercare di aumentare le vendite. Thierry è ben conscio del proprio ruolo, ma ribadisce di essere solo un anello di una lunga catena che conta anche l’ufficio stampa, la pubblicità, i giornalisti, i lettori, i blog, le fiere, i saloni e i librai.
Anche il dettagliante Olivier Vandernotte sottolinea che il consiglio di un libraio resta essenziale nella scelta da parte dei clienti, data la quantità enorme di uscite mensili. Secondo Dubois, i grandi nomi del fumetto si vendono già da soli senza bisogno di grande pubblicità, un libraio ha il compito più sottile di fiutare e promuovere i successi futuri. Il rapporto di forza tra promotore e libraio è costantemente dettato dal sistema dell’office, vale a dire l’invio regolare di novità che il dettagliante s’impegna ad accettare. Vandernotte chiarisce che gli editori ricevono i primi flussi finanziari dai distributori al momento della mise en place, pertanto hanno tutto l’interesse a pubblicare più libri possibili e a riempire al massimo le librerie. Per l’editore Guy Delcourt, il ruolo delle librerie resta centrale, sebbene sia un sistema piuttosto pesante, resta il modo migliore di promuovere un autore.
È ora di tirare le somme: come si compone il prezzo di un libro? 8% autore, 20% editore, 11,5% fabbricazione, 9% promotore, 12% distributore, 34% libreria, 5,5% tasse. Jacques Dubois fa notare che, trattandosi di commercio al dettaglio, i costi di gestione si portano via buona parte di quel grosso 34% destinato ai librai, e chi fa questo mestiere non punta certo ai soldi ma ad ‘arricchirsi’ attraverso il contatto umano con i lettori, gli appassionati e gli autori.
La regista torna al cuore della sua inchiesta per capire come gli autori stanno vivendo questa situazione. Isabelle Bauthian, sceneggiatrice di BD, ha iniziato questo mestiere nel 2005 e in qualche modo ha cavalcato questa onda della sovrapproduzione. In quanto sceneggiatrice, percepisce 70-100 euro per la sceneggiatura di una tavola. Durante tutta la sua carriera le entrate hanno sempre oscillato tra i 500 e i 1000 euro al mese. Quando si sceglie questo lavoro si deve aver ben chiaro che molte cose dovranno essere sacrificate. Isabelle non si lamenta tanto del salario minimo, quanto dell’angoscia perenne, dell’assoluta assenza di qualsiasi paracadute sociale, come ad esempio l’assegno di disoccupazione. Vietato fermarsi! Il lavoro non può conoscere pause, e se capita la più piccola grana “si è nella merda!”. È davvero terribile trovarsi costantemente alla mercé del minimo imprevisto, soprattutto quando si hanno dei figli; senza contare che la gente spesso non sembra comprendere le reali difficoltà di questo stile di vita.
In quanto disegnatore, Marko percepisce una somma maggiore, 210-250 euro la tavola; ma, essendo necessaria circa una settimana di lavoro per realizzare una singola pagina, è evidente che la somma totale mensile è insufficiente. Marko afferma d’essere in qualche responsabile lui stesso di questa sovrapproduzione: se non producesse 2-3 albi all’anno, contemporaneamente, non avrebbe di che vivere!
Privati di qualsiasi protezione sociale, di qualsivoglia serenità per il domani, agli artisti pare quasi di dover pagare uno scotto per la ‘colpa’ di esercitare un mestiere più interessante di altri. Chi fa un lavoro poco gratificante ha diritto a un salario fisso, protesta lo sceneggiatore Olivier Jouvray, mentre un autore di fumetti, oltre a sopportare l’invidia e il rancore altrui, pare costretto a vivere esclusivamente della propria passione, accontentandosi del solo piacere di coltivarla, accettando anzi senza altre pretese qualsiasi condizione di lavoro.
Se il quadro attuale è tragicamente chiaro, c’è da chiedersi allora come andavano le cose in passato. Cosa è cambiato nella condizione degli autori negli ultimi 30 anni?
José-Louis Bocquet, autore e direttore delle edizioni Dufuis, afferma senza dubbi che l’economia del fumetto è molto cambiata. I ’60-’70 sono stati gli anni d’oro per i fumettisti, economicamente parlando. Megli anni ’70 la striscia serviva principalmente a riempire le riviste, e gli autori venivano pagati a cottimo regolarmente. Allo stesso tempo potevano godere dello status di ‘romanzieri’ intascando anche gli introiti legati alla vendita degli albi. Lo sceneggiatore Jean Van Hamme, classe 1939, porta la sua testimonianza: all’epoca venivano pubblicati appena 3-4 albi all’anno, contando tutti gli editori. Anche per il signor Van Hamme le cose non sono state facili all’inizio, ma per sua stessa ammissione poteva contare sul salario fisso della moglie, oltre alla fortuna di essere capitato nel periodo giusto. Negli anni ’80 avviene il grande cambiamento, con un nuovo sistema creativo-economico: i magazine a poco a poco spariscono e si passa all’albo come regola fissa. Gli autori di BD si ritrovano inquadrati nello stesso sistema economico della letteratura, e prendono lo statuto effettivo di ‘autori di libri’, solo quello; ciò comporta che, esattamente come un romanziere, un fumettista non è più pagato in funzione del numero di tavole prodotte (e quindi anche del tempo impegnato) ma in base al valore di mercato dell’opera. Poiché il fumetto è un’arte che richiede lunghi tempi di produzione, il cambio si rivela sfavorevole. Nel 2000 s’impone un sistema ultra-liberale: la crescente media editoriale di circa 5500 nuove opere pubblicate ogni anno impoverisce proporzionalmente il valore di mercato, e di conseguenza gli autori. E in questo nuovo sistema sempre più frenetico chi si ferma è perduto.
Dato il numero sempre più alto di albi invenduti o invendibili, Claude de Saint Vincent sembra disposto a farsi carico di qualche colpa, ammettendo che gli editori hanno preso a pubblicare troppo. Valutazioni talvolta azzardate hanno spinto a stampare libri che non avrebbero avuto spazio sul mercato. Un errore grave che ha deluso sia gli autori che i lettori. Secondo Saint Vincent, la precarizzazione degli autori non è causata dalla remunerazione più o meno bassa, ma dal semplice fatto che, in un mercato recente cresciuto 2 volte, il numero dei libri immessivi è cresciuto 10. Il signor Bocquet sembra confermare questa ipotesi riferendo che buona parte degli editori stanno seriamente frenando la produzione: c’è assai meno disinvoltura nel firmare un ingaggio. Oggigiorno, afferma l’editore, le cose vanno talmente veloci che si è subito in grado di capire, conti alla mano, se un’opera ha futuro oppure no. Spesso si deve prendere la dolorosa ma ragionevole decisione d’interrompere una serie che non ha dato i risultati sperati; anche se non sembra, per un editore è estremamente traumatico telefonare all’autore – con il quale ha brindato appena poco tempo addietro – per comunicargli che il progetto in cui avevano tanto creduto è destinato a morire. L’autore Van Hamme si dice davvero confuso dalla situazione: non sa immaginare come oggigiorno i giovani autori riescano a tirare avanti. È difficile pensare che possano avere un secondo lavoro, visto che l’impegno su un albo prende già tra i 6 e i 12 mesi di tempo. Bocquet rincara la dose: non solo le nuove leve, ma anche molti autori che hanno conosciuto l’epoca d’oro sono costretti oggi a ricorrere ai propri risparmi per poter continuare a lavorare; è una situazione inverosimile e inammissibile, che non esiste in nessun’altra professione.
Il fumetto è entrato a piè pari in un sistema ultra-liberale senza riflettere bene sulle possibili conseguenze, e oggi a subire quelle conseguenze sono i più fragili, autori in testa. Al Sindacato SNAC non sono per nulla ottimisti: le cose stanno procedendo lungo una brutta china (si permetta il gioco di parole) e la precarizzazione è diventata una realtà sempre più estesa, come afferma sconsolato Fabien Velhmann; molti autori hanno già dovuto mollare. Persino i blockbuster hanno conosciuto una perdita del 30% sulle vendite. Una brutta batosta, visto che è proprio sui blockbuster che gli editori si appoggiano per finanziare i talenti ancora emergenti. L’editore Guy Delcourt sostiene che gli autori debbano sapersi adattare, allargando i confini del proprio lavoro, spaziando in vari ambiti e diversificando le proprie competenze. Vivere unicamente di fumetto non è più possibile, ormai è cosa risaputa, quindi occorre lavorare anche su videogiochi, animazione, pubblicità ecc. Una proposta che vede nettamente contrario Velhmann: a ognuno il proprio mestiere! Riconvertirsi professionalmente in tutti questi ambiti non è certo un impegno da poco, senza scordare che il fumetto già richiede moltissimo tempo per essere ben fatto. Jose Louis Bocquet s’interroga sul futuro: quello del fumetto è partito come un mondo professionale dove si doveva semplicemente riempire le pagine di una rivista, ma resterà un mondo professionale? Se per produrre valore è fondamentale impiegare tempo, ma al tempo non viene dato valore, che si fa?
, avocato dello SNAC, mette in chiaro che il sindacato intende prima di tutto difendere il diritto d’autore, non fare guerra agli editori. Ma esiste uno squilibrio manifesto nei rapporti contrattuali tra questi due soggetti, e i contratti attuali sono confiscatori dei diritti d’autore. Lo dice fuori dai denti anche Van Hamme: non esiste un vero e proprio contratto tipo, l’unica cosa che conta è quanto e quando, o piuttosto fino a quando. Claude de Saint Vincent si difende rispondendo che un editore possiede un animo romantico tanto quanto l’autore, e che gli autori non hanno una pistola puntata alla tempia quando firmano.
Ma per gli autori che non hanno ancora all’attivo grandi successi, è davvero così facile contrattare con l’editore? Marko racconta la sua: non ho certo avuto moltissime alternative, se non avessi accettato il contratto che mi veniva proposto non avrei più lavorato. Isabelle Bauthian distingue tra piccolo e grosso editore: un piccolo editore solitamente pagherà una cifra inferiore, ma venderà probabilmente di più perché difende a spada tratta tutte le opere che pubblica. Secondo l’avocato De Rengerve, che lo proponga un piccolo o un grande editore, sotto sotto il contratto non cambia, e questo è un errore dato che le condizioni di partenza non sono certo le stesse.
Sul tema della precarietà, Maiana Bidegain propone un questionario agli autori. Arrivano oltre un centinaio di risposte e il verdetto non lascia scampo: il 67% degli autori vive con meno di uno smic (salario minimo mensile di 1250 euro), il 46% con meno di 1000 euro al mese. Per i giovani con meno di 5 anni d’esperienza la percentuale sotto i 1000 euro mensili sale all’84%. Riguardo i diritti d’autore, solo il 59% degli intervistati dichiara di averne già percepiti in seguito alle vendite; per i giovani si scende al 26%. I commenti più ricorrenti sono sconfortanti: miseria, degradazione dei contratti, impossibilità di negoziare. Per quelli che in qualche modo ce la fanno… l’impressione è che sia solo grazie alla loro buona stella. Tuttavia altre parole riempiono i questionari: entusiasmo, passione, amore per il fumetto, speranza per l’avvenire.
Come sarà dunque questo avvenire? La BD è un mondo ancora molto legato al supporto cartaceo, ma il digitale ha bussato alla porta da un pezzo. Musica e cinema hanno imparato la lezione e si sono adattati, nel fumetto il braccio di ferro tra autori ed editori prosegue circa lo sfruttamento digitale delle opere. De Rengerve riferisce che le discussioni in quest’ambito durano già da quattro anni, ma si resta a un punto morto a causa degli editori. Senza una volontà politica che intervenga dall’esterno a regolare lo squilibrio, la questione è destinata a rimanere impantanata. Claude de Saint Vincent è cauto: investire nel digitale produce ancora troppe perdite e pertanto la remunerazione subirebbe un ribasso. Fabien Velhmann protesta: gli artisti non possono diventare la variabile d’aggiustamento di questo sistema ancora poco rodato! L’opinione di De Saint Vincent è che i veri nemici della creatività non sono gli editori ma piuttosto i grandi operatori statunitensi come Google. Questi soggetti non hanno interesse per i contenuti, il loro unico scopo è calamitare il traffico online e vendere gli apparecchi elettronici annessi, come tablet, lavagnette ecc. Se il digitale cannibalizzerà il cartaceo, l’editore sarà sacrificato ben prima dell’artista. La carta rappresenta ancora il 99% del mercato, il digitale è certamente il futuro ma il suo peso è ancora troppo poco rilevante.
Al di là della questione dei diritti d’autore, il digitale per certi versi sta permettendo ai fumettisti di riprendere in mano il proprio destino. Si torna alle origini, al magazine, ma in formato digitale. BDNag, Mauvais Esprit, Professeur Cyclope, Sandawe, La Revue Dessinée, Les Autres Gens… sui siti di crowfunding come Ulule i nuovi progetti proliferano. Non sarà certo semplice, dice Velhmann, gli internauti hanno preso l’abitudine della gratuità online, ma si può riuscire a convincerli all’acquisto se il prodotto che si offre loro è di qualità; in questo modo si crea un nuovo mercato. Olivier Jouvray confida che gli editori sono ovviamente inquieti per la situazione, e molti di loro auspicano che siano proprio gli autori a trovare una soluzione. Questa nuova strada potrebbe risollevare le sorti di tutta la catena: fumettisti, case editrici, librai e via dicendo. Guy Delcourt si dice d’accordo, in fondo sono proprio gli autori ad essere in prima linea, spetta a loro fare da apripista verso nuove possibilità. La necessità di avere delle passerelle, dei canali di comunicazione, vale anche per il digitale, pertanto l’editore confida di non sentire il proprio ruolo minacciato. Fabien Velhmann ribadisce il proprio ottimismo: non bisogna vedere il digitale come un nemico, quanto piuttosto come un mezzo per reinventare l’arte sequenziale.
E se si disponessero le vignette in slideshow anziché in tavole? Oggi molti artisti riescono a promuoversi da soli e a sperimentare nuove strade.
Tirando le somme, il mondo della BD è in pieno fermento e cambiamento, e solo una cosa sembra perdurare incrollabile: la passione degli autori.
Maiana Bidegain conclude il reportage parlando proprio di questo, della passione che ogni intervistato le ha trasmesso a prescindere dal suo ruolo nella catena: tutti hanno a cuore le sorti della BD. E l’anello più importante è proprio l’ultimo: i lettori. In Francia come in Italia, l’avvenire del fumetto è insomma nelle nostre mani!
Links
Sous les Bulles http://fr.ulule.com/bulles/
pagina facebook https://www.facebook.com/SousLesBulles?fref=ts
Sindacat BD http://www.syndicatbd.org/
Lettera aperta http://www.syndicatbd.org/pdf/BD_lettre_ouverte_Ministre_Culture.pdf
EGBD -Etats Généraux de la Bande Dessinée- http://www.etatsgenerauxbd.org/
ACBD Association des Critiques et Journalistes de Bande Dessinée http://www.acbd.fr/