Converts (Ian Watson)

Superuomo Legittimo

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PARTE PRIMA

Ginevra

1.

— Jean Sandwich?

Frank Caldero assunse una posa spavalda di fronte alla telecamera di sorveglianza. Montata sopra la porta dell’ascensore, era l’unica telecamera in tutto l’atrio. Né era quella la sola carenza nel sistema di sicurezza degli Appartamenti Paradiso. Un grosso punteggio negativo doveva essere ugualmente attribuito all’intrico di piante che soffocava una parete. Senza dubbio quelle piante aiutavano a serbare una finzione paradisiaca, ma qualunque serpente umano avrebbe potuto annidarvisi in agguato.

Queste piccole osservazioni si limitarono a confermare ciò che Frank conosceva già circa la condizione economica della donna cui si stava rivolgendo. Lei era sulla linea di confine, fra l’Eden e la giungla.

— Jean Sandwich? Jean Sandra Norwich?

— Sì, chi è?

La scatola del citofono rese la voce della donna confusa e crepitante: difetto numero tre.

— Mi chiamo Frank Caldero, signorina Sandwich. Sono un avvocato. — Estrasse il mazzo di banconote dalla tasca interna e le mostrò alla telecamera, sventolandole. — Come può vedere, non intendo rapinarla. Al contrario, ho per lei una proposta di natura alquanto riservata. Resosi conto del possibile significato equivoco di quel che aveva appena detto, Frank scoppiò a ridere.

— Oh, diavolo, mi sono espresso male! Quel che vorrei, signorina Sandwich, è pagarla… e profumatamente, anche: cinquemila, a essere esatti… solo per ascoltarmi mezz’ora, a patto che lei poi non dica, né scriva, né renda altrimenti pubblico e nemmeno confidi a un amico quanto le proporrò nel corso di questa mezz’ora. Il denaro sarà suo comunque, che dica sì o no alle mie proposte.

— Ehi, signor Caldero, ci sentono bene le mie orecchie?

Cinquemila, solo per starla a sentire?

— Grosso modo l’idea è questa. Mi sto rivolgendo a lei per conto di qualcuno cui dovremmo riferirci fra noi come lo Sponsor. Anche se farei meglio a sottolineare immediatamente che non sponsorizza spettacoli televisivi o altre cose del genere.

— Perché non mi ha telefonato per avvisarmi del suo arrivo?

— Possibili intercettazioni telefoniche. Parole chiave captate dai computer del nostro amichevole governo. Questo è un affare molto privato.

— Non è spaventato neanche un po’, stando lì, in un luogo pubblico, a sventagliare tutti quei soldi? — Adesso lei lo stava canzonando, per studiarlo.

— È alquanto pubblico, in effetti. Ci sono luoghi molto più riservati di questo. Accetti la mia proposta, e la condurremo in un posto migliore.

Ho lasciato un paio di amici seduti fuori in una limousine corazzata.

Maccoby e McKinnon… amici?

In realtà, il capo della sicurezza e la sua guardia del corpo erano individui molto civili, di solito. Solo che Frank non si sentiva mai particolarmente a proprio agio in loro presenza. Chi sapeva cos’avessero commesso i Terribili Due, prima che li ingaggiasse Bruno King?

Frank si corresse: prima che li ingaggiasse lo Sponsor…

— Le piacciono le piante, signor Caldero? — Oh, me ne intendo un po’. So riconoscere una Monstera deliciosa quando ne vedo una.

— Parlando di luoghi riservati, la tomba è uno dei più privati.

Potrebbe volermi uccidere.

— Se volessi ucciderla, mi basterebbe nascondermi dietro quelle foglie e attendere.

— Potrebbe volermi torturare un po’, prima. Non si può fare tanto facilmente in un atrio.

— E così vendicare le empie parole che scrive? Per redimerla, col dolore, dalle pene dell’inferno? Per agonia ad astra! Potrebbe essere un’idea, per qualche invasato Folle di Dio. Ma francamente… e io sono sempre Frank… quel che le proporrò per conto dello Sponsor è ancor più blasfemo agli occhi dei Folli di Dio. Comunque, se lei è preoccupata, scommetto che ha una pistola ficcata da qualche parte lassù. Dobbiamo tutti proteggere il nostro paradiso, no? Quindi, perché non si limita a prendere l’arma e tenermela puntata addosso per tutto il tempo che trascorrerò a parlarle? Se tutta la mia eloquenza non la smuoverà di un millimetro, allora non merito di meglio del piombo. — Frank fece quella che sperò fosse una faccia tragicomica, rammentando troppo tardi che, se la telecamera fosse stata munita di lente curva, avrebbe potuto distorcere quell’espressione in un orrido ghigno.

— Le sto offrendo cinque G, solo per ascoltare. E se approverà quello che ho da proporle, che abbia successo o no, c’è un milione per lei, da mettere in banca a Zurigo a suo nome o sotto qualunque altro lei voglia. Non posso dire di più, qua sotto.

— Ho sentito bene?

— Un milione.

— Questo suo Sponsor…

— Dev’essere ricco. Lo è.

— Sembra pazzesco.

— No, capita solo che costui voglia da lei qualcosa di molto speciale.

— Come può rifiutarsi, una signora? Manderò giù l’ascensore.

Dentro l’ascensore non c’erano telecamere di sorveglianza: difetto numero quattro. Se ce ne fosse stata una, avrebbe mostrato un tipo tarchiato, d’altezza media, con capelli neri corti e arricciati come lana d’agnello. Occhiali dalla montatura di corno per correggere una lieve miopia.

Talvolta, a Frank piaceva immaginarsi come Superman in veste di Clark Kent… pur se in versione ridotta. Perché sebbene gli mancassero l’altezza e il fisico, anche del solo Kent, poteva dispensare un po’ del potere di Superman in virtù dello Sponsor. (A sua volta, Bruno King somigliava ancor meno a Superman o Clark Kent; ma intendeva porvi rimedio. E presto, pure.)

Comunque, Frank sapeva perfettamente che non si sarebbe mai lanciato in volo nel cielo. In cuor suo era troppo legato alla terra. Con radici solide come un albero.

Frank contrasse il naso come un coniglio per aggiustarsi gli occhiali. Mentre l’ascensore saliva faticosamente su per il pozzo, mise da parte le proprie fantasie e si concentrò su Jean.

2.

Jean Sandwich non era il suo vero nome. Prima che sposasse Mike Hoffman – ora definitivamente divorziato – si era chiamata Jean Sandra Norwich. Con amaro senso dell’umorismo, vista la sua situazione, aveva unito i suoi ultimi due nomi insieme.

Avrebbe potuto renderne il significato ancor più chiaro cambiando la grafia del primo nome in “Gene”: Gene Sandwich. Ma ciò avrebbe introdotto una nota di ambiguità sessuale. Mentre Jean non era minimamente ambigua riguardo il sesso… del resto il Sesso, nella definizione più ampia del termine, l’aveva rovinata. Il Sesso le aveva legato le mani. Il Sesso l’aveva condannata a un destino ridicolo.

A ispirare il cambio di nome, comunque, non era stata la solita noia per il ruolo ricoperto nella società. Era stato qualcosa di ben più basilare, biologicamente. Una volta uno scienziato aveva dichiarato: “Un essere umano non è altro che un mezzo usato da un gene per confezionare un altro gene.” E come un’eroina dei fumetti che fulmineamente si strappava via il travestimento quotidiano per svelare i suoi superpoteri – o, in quel caso, la sua maledizione – Jean Sandra Norwich era diventata un tramezzino genetico. Era la fettina di carne imprigionata fra i geni di sua madre Josie e quelli di sua figlia Alison.

Era una condanna a vita.

Jean andava ovunque le piacesse, faceva quel che desiderava, e mostrava con ogni evidenza di condurre un’esistenza unica, speciale, preziosa, basata sul libero arbitrio. Ma sapeva in cuor suo che era tutta un’illusione.

Perché lei era un tramezzino. Quei geni diabolici avevano dettato legge a sua figlia Alison, esattamente come avevano fatto con sua madre Josie.

Jean era stata orgogliosamente certa di costituire un enorme miglioramento rispetto a sua madre Josie… finché Alison non aveva preso a crescere. Jean era sicura di essere riuscita a tirarsi su dal basso…

finché la grettezza di sua madre non era stata ricreata proprio dallo stesso utero di Jean.

Ai geni non importava un fico secco di quella persona bella e intelligente che Jean aveva fatto di se stessa. Sputavano sulla sua sensibilità e creatività. Pisciavano sulle ceramiche che…

Superuomo Legittimo - Copertina

Tit. originale: Converts

Anno: 1984

Autore: Ian Watson

Edizione: Mondadori (anno 2000) collana “Urania” #1399

Traduzione: Fabio Feminò

Dalla copertina | È possibile creare il superuomo con un’iniezione? Lo Sponsor crede di sì, se i geni nell’iniezione sono quelli giusti. Ma prima di risvegliare l’Homo Superior che è in lui e, potenzialmente, negli altri esseri umani, lo Sponsor pensa bene di cercarsi una candidata al ruolo di superdonna. E crede di averla trovata in Jean Norwich, detta “Sandwich” perchè lei stessa si definisce “un sandwich genetico, una fetta di carne tra i geni di mia madre e quelli di mia figlia”. L’esperimento ha inizio e con esso questo sorprendente thriller evolutivo di Ian Watson, il maestro inglese.