Intelligenza vs vita
“La disumanità del computer sta nel fatto che, una volta programmato e messo in funzione, si comporta in maniera perfettamente onesta.” Isaac Asimov (1920 – 1992)
La parte iniziale di questo numero di TdC è dedicata all’argomento “intelligenza artificiale”, un tema molto caro alla letteratura fantascientifica.
La cinematografia l’ha riproposto svariate volte – alternando pellicole di dubbia qualità a piccoli gioielli – di solito attraverso i suoi volti più “accattivanti”: androidi e robot. La Fantascienza ne ha ormai sondato le molteplici profondità (filosofica, etico-morale, tecnologica, sociale, religiosa…), presentandoci ogni possibile e (attualmente) ipotizzabile scenario futuro, stimolando quesiti affascinanti e delineando incognite che, prima o dopo, occorrerà affrontare.
La complessità del tema “intelligenza artificiale” deriva dall’incapacità di definire soddisfacentemente cosa è la “intelligenza”.
Da questo punto di vista, il problema-intelligenza ha un gemello, che si chiama problema-vita.
Ambedue ispirano le stesse domande, e determinano il medesimo grado di lacunosità nelle risposte. Cos’è la vita? (che cos’è l’intelligenza?) Quando o dove inizia la vita? (e l’intelligenza, quando o dove?).
Pensare di poter rispondere alla seconda domanda è un miraggio. Con la prima ci si può riuscire solo a patto di restare sul vago e procedere per esclusione.
Poiché l’unità base della vita è la cellula (funzionante), ne deriva che: NON è vivo tutto ciò che NON è composto di cellule, o che è composto di cellule NON funzionanti. Per esclusione, è (potenzialmente) vivo tutto il resto. Ciò che poi è composto di cellule in parte funzionanti e in parte no, è vivo ma potrebbe stare meglio.
Una suddivisione generica. Eppure, a conferma del fatto che non si deve mai buttar via nulla, in alcune questioni si è rivelata funzionale, alleggerendo decisioni altrimenti complicate. Tanto per cominciare, grazie a questo modo di circoscrivere la vita siamo stati in grado di decidere come trattare socialmente “categorie” come: automobili, virus, sassi, esseri umani, ecc. Siamo riusciti a stabilire, per esempio, che alle prime tre non è necessario riconoscere dei diritti civili. Sull’ultima, con calma, stiamo ancora lavorando.
Resta il fatto, comunque, che non riusciamo a definire cosa sia la vita (e gli organismi individuali) con sufficiente precisione da capire dove essa inizi. Neanche a mezzo referendum.
Stesso dicasi per l’intelligenza (e l’individualità autocoscente).
Ma il legame è più stretto ancora. Fino ad oggi non era mai esistita intelligenza senza vita, mentre è esistita ed esiste tuttora (basta guardare i telegiornali) vita senza intelligenza. Il che ci ha portato a ritenere che la seconda potesse esistere – e quindi evolvere – solo come attributo (pur facoltativo) della prima.
L’era dei computer ci ha sgretolato questa certezza, sostituendola con un sottile timore: che l’intelligenza, da frutto della vita, possa risultarne un giorno parassita; cioè che possa evolversi in una forma capace di replicarsi senza più l’ausilio di essa.
La selezione naturale, si sa, è solo apparentemente pro-biotica: il suo campo di applicazione non è la vita in sé, ma la vita in quanto unica “cosa” capace di autoriprodursi. E, se questa capacità si estendesse alla non-vita, si trasferirebbero con essa anche gli automatismi naturali di evoluzione e competizione.
La prospettiva c’inquieta perché tra due eventuali contendenti di nome “intelligenza animale” e “intelligenza artificiale”, a parità di complessità, ci sono ben pochi dubbi su quale sia il più adattativo. Un robot può programmare milioni di altri robot nel tempo che due esseri umani impiegano per produrre un paio di bambini (ammesso che esista ancora chi possa economicamente permettersene più di uno).
In conclusione, il rapporto tra vita e intelligenza potrebbe non essere così intimo e duraturo come credevamo. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale ci sta appunto mettendo la pulce nell’orecchio.
Arsenali atomici e chimico-batteriologici, deforestazione e inquinamento permettendo, verrà probabilmente un giorno in cui intelligenza e vita prenderanno cammini separati.
E quel giorno l’uomo sarà chiamato a decidere chi tra le due sia più importante.
Sarà un bel dilemma.