Speciale Italia
Il modo migliore per introdurre questo settimo numero di TdC, interamente dedicato alle risorse di paternità italiana, è forse quello di fare un rapido punto sull’attuale situazione del Fantastico nel nostro Paese, situazione che, purtroppo, pare poco incoraggiante.
Sui fronti cinema e tv, la produzione nostrana semplicemente non esiste. Siamo grandi consumatori di Fantascienza e Fantastico, ma non ne realizziamo. Difficile stabilire se sia un bene o un male che la televisione italiana, incline com’è stata in questi ultimi anni a duplicare format d’Oltreoceano – traducendo i vari CSI, ER, NCIS di turno in versioni provinciali che gigioneggiano tra distretti di Polizia, RIS, marescialli, brigadieri, medici e quant’altro, con sceneggiature a tratti efficaci e a tratti insulse, e dialoghi votati a uno pseudorealismo risibile, non di rado recitato da “talenti” clamorosamente sovrastimati -, si lasci scappare l’occasione per proporci… (cosa si può dire?)… una casalinga di Napoli che sogna i defunti, o una commessa di Venezia che sussurra ai fantasmi, o due fratelli altoatesini che cacciano demoni tra le nevi di Ortisei; sta di fatto che ciò ancora non è successo.
La ragione non dev’essere legata ai costi aggiuntivi del Fantastico (come trucco, costumi o effetti speciali) perché, sotto questo aspetto, serial tipo Invasion, 4400, Lost, Medium, The Dead Zone (e via citando…) non si concedono poi molto. Probabile semmai che in Italia manchino gli autori. Vituperiamo – a volte giustamente – le inverosimili iperboli narrative degli sceneggiatori americani, ma la realtà è che noi riusciamo a scopiazzare a malapena i loro soggetti “tradizionali”, figuriamoci quelli fantastici.
In campo letterario, la situazione è migliore solo di poco. Cavalcando una contingente onda di successo sollevata dal passaggio di materiale estero, l’editoria lascia qualche spazio in più agli autori italiani, anche giovani, soprattutto nel Fantasy (molto meno nella Fantascienza), ma il risultato è una serie di libri generalmente mediocri, o realizzati anch’essi sulla falsariga di quelli anglofoni; o ambedue le cose insieme.
Quel che stupisce, nella maggior parte dei casi, non è tanto il basso valore dell’opera in sé quanto quello del “prodotto confezionato”, la poca cura nel realizzarlo da parte perfino degli editori più celebrati (e in questo gli autori hanno poca colpa): editing assente o lacunoso, scelte editoriali astruse, incomprensibili preferenze accordate a certuni scrittori anziché altri… Dal quadro traspare solo un’avvilente mancanza di passione. Tutto viene programmato secondo logiche esclusivamente commerciali, molto spesso prendendo in giro il lettore, e in vari casi anche lo stesso autore.
Eppure il “sottobosco” è foltissimo, basta girare un po’ il web e ci si rende subito conto che i siti sul Fantastico sono centinaia, con comunità vaste. Amatorialmente, tutta Italia scrive (e mezza Italia pubblica, sia pure di tasca propria), però – tranne lodevoli ma troppo, troppo, troppo rade eccezioni – di valido emerge poco o nulla. Sarà allora che, in effetti, dentro questo vivaio traboccante ci sia poco di valido? E che, quel poco, l’ottusità di certi nostri sedicenti “editori” non lo sappia valutare?
Sono quesiti la cui risposta, nostro malgrado, dobbiamo delegare alla… Fantasia.