The Fantastic Four

The Fantastic Four

C’è un film che tutti gli appassionati di comics USA intorno ai trent’anni conoscono, pur non avendone mai visto neanche un fotogramma. Intorno alla metà degli anni Novanta – quando Star Comics, Play Press e Comic Art pubblicavano in Italia tutto quanto portasse il marchio “Marvel” – giunse la notizia che il re dei B-movie Roger Corman stesse lavorando alla produzione di un film basato sui fumetti dei Fantastici Quattro. La cosa era particolarmente sorprendente, perché le avventure del quartetto non sembravano per niente adatte alle produzioni a basso budget che la New Horizons di Corman era solita realizzare. In effetti, la Storia vuole che il film non fosse realizzato con l’intento di dargli una distribuzione.

Pare infatti che la Constantin Films di Bernd Eichinger detenesse i diritti per l’adattamento cinematografico del fumetto ma non fosse stata in grado di portare a termine la pre-produzione del progetto. Visto che il contratto imponeva ad Eichinger di iniziare le riprese entro una certa data, il produttore tedesco si affidò a Corman per mettere insieme alla bell’e meglio un film che nessuno avrebbe mai visto ed evitare così di perdere il diritto di girare altri film futuri tratti dal fumetto. Ma nessuno tranne loro (e – pare – Stan Lee) sapevano di questo, così la lavorazione fu molto seguita dalla stampa e gli attori girarono gli Stati Uniti per promuovere il film prima di un’uscita che non ci sarebbe mai stata.

Col tempo hanno cominciato a circolare copie in VHS di un bootleg non ufficiale – forse ricavato da un telecinema effettuato pochi giorni prima di una proiezione riservata – che non ha fatto altro che aumentare il mito della pellicola diretta da Oley Sassone, rendendola una vera e propria leggenda metropolitana. E la leggenda vuole che le cose siano andate molto diversamente da come i diretti interessati affermano. Quando infatti il Batman di Tim Burton (1989) aveva riaperto la strada all’invasione supereroica di Hollywood (The Mask e Il Corvo sono del 1994 – lo stesso anno d’uscita previsto per il film di Sassone –, Batman Forever dell’anno dopo), i dirigenti della Marvel devono aver pensato che un prodotto a bassissimo budget come questo (meno di 2 milioni di dollari) avrebbe messo in cattiva luce la loro casa editrice nei confronti delle concorrenti, tanto da decidere di bloccare la commercializzazione della pellicola. Eppure, nonostante le prevedibili idiozie sparse qua e là, la storia scritta da Nevius e Rock fa pensare che con un budget per lo meno decente avremmo potuto vedere un film per lo meno discreto. Come spesso capita con le produzioni di Roger Corman.

Le lacune della sceneggiatura sono evidenti, ma, in un processo produttivo all’interno del quale se scrivi una sceneggiatura in quattro giorni hai sforato di tre, non si può pretendere troppa originalità, né la pulizia che è lecito attendersi da un normale prodotto hollywoodiano. Balza subito all’occhio come lo script risenta dell’influenza dei due Batman di Burton, in particolar modo del secondo. Uno dei due cattivi sembra una versione riveduta e corretta del Pinguino interpretato da Danny De Vito, e la stessa presenza di due nemici anziché uno deriva in maniera diretta da quanto visto nel secondo capitolo della saga dell’uomo-pipistrello (cosa che ha poi influenzato tutti i cinefumetti successivi).

Il vagare della Cosa nei bassifondi di New York e il suo conseguente incontro con la banda dei morloch sottintende un discorso sul diverso che è il punto fisso delle tematiche burtoniane, e che avrebbe potuto essere molto interessante se gli si fosse dedicato più spazio. Ma l’essere diversi non ha mai significato molto, nelle avventure dei Fantastici Quattro: altri personaggi Marvel hanno saputo incarnare maggiormente il senso di inadeguatezza che il diverso prova nei confronti del mondo, e il senso di rifiuto che il mondo prova nei confronti suoi. Personaggi come gli X-Men o Hulk si sarebbero prestati maggiormente a una riflessione sull’argomento. Sfiorare solamente questa tematica può lasciare un senso di vuoto nel film in generale, ma è ovvio che le regole del B-movie sono fisse, e non contemplano riflessioni filosofiche prolungate per più di mezzo minuto.

La parte puramente d’azione fantascientifica, discretamente fedele ai comics d’origine, poteva funzionare in un albo a fumetti d’inizio anni Sessanta quando Stan Lee e Jack Kirby crearono il gruppo di supereroi, ma risulta decisamente inadeguata allo scafato pubblico cinematografico del 1994. Le coincidenze sono decisamente troppe per risultare credibili, anche per un film direct to video, e la prevedibilità della vicenda è imbarazzante anche per chi non ha mai letto i fumetti. Gli avvenimenti si succedono però a ritmo sostenuto, frenetico, e questo non dà tempo allo spettatore di annoiarsi o pensare troppo alla sciatteria visiva dello spettacolo.

Visti i loro poteri, i Fantastici Quattro avevano bisogno di un budget corposo per poter essere convincenti sul grande schermo. Cancellare elettronicamente parte della figura di Susan non è difficile (Avventure di un uomo invisibile di John Carpenter risale a due anni prima), ma la stessa tecnica usata per simulare l’allungamento del braccio di Reed non è esattamente una finezza… E se l’armatura del dottor Destino fa la sua figura, adeguatamente nascosta nella penombra, la cosa peggiore del film sono gli effetti pirotecnici che circondano la Torcia Umana. Palesemente finte, le fiamme sembrano disegnate su un foglio di carta più che sullo schermo di un computer, e rivaleggiano in bruttezza con quelle della prima versione di Mediterraneo. Tutta la sequenza di Johnny nel finale, poi, è quantomeno imbarazzante da tanto sembra un cartone animato. Eppure, perfino con tutti questi limiti tecnici, la grandezza dei personaggi originali – che si sia un loro fan o meno – arriva fino al pubblico, per quanto in versione piuttosto campy, ingenua.

Chissà cosa deve aver pensato Alex Hyde-White quando gli hanno detto che aveva ottenuto la parte di Reed Richards. Probabilmente ha creduto di essere a un passo dalla svolta decisiva della sua carriera, perché con un personaggio simile ci campi a lungo, che tu sia un buon attore o no. E Hyde-White è un pessimo attore… In effetti, gli interpreti sono tutti inadeguati; l’unico che sembra saper recitare (Michael Bailey Smith nel ruolo di Ben Grimm) scompare dopo una mezz’oretta insieme al suo personaggio, sostituito da un Carl Ciarfalo nascosto da un’imbarazzante tuta di gomma.

Se c’è una cosa che pare confermare la storia del “film intenzionalmente realizzato per non essere distribuito” è proprio la recitazione, perché, nelle produzioni di Corman, se anche manca il grande nome resta sempre l’impressione che si stia sfruttando al massimo il materiale (umano e non) a disposizione. Non è stato così in questo caso, con Oley Sassone che si dimostra mediocre regista e ancor peggiore direttore d’attori. Nonostante ciò, il risultato finale non è completamente disprezzabile. Certo lascia l’amaro in bocca pensare che in fondo ci sarebbe voluto poco per realizzare una pellicola davvero valida, ma, anche così com’è, questo film sarebbe certamente stato in grado di trovare un suo pubblico, e non avrebbe certo sfigurato sugli scaffali di un Blockbuster qualsiasi, di fianco – ad esempio – a Rollerball… se solo la Marvel non l’avesse nascosto.

Articolo concesso da CineFile