In una tranquilla serata qualunque, un giovane sospira e freme mentre, comodamente seduto sul divano di casa propria, osserva l’anello che, a breve, intende consegnare alla sua amata. Non sa che il destino ha in serbo per lui ben altri progetti.
Dalle ignote profondità dello spazio, infatti, una piccola navicella precipita sulla Terra andando a conficcarsi proprio in una delle pareti della casa del nostro protagonista, il quale, perplesso, assiste all’aprirsi del misterioso veicolo e al scivolare all’esterno di quattro piccoli batuffoli di pelo.
Il ragazzo scruta incuriosito i minuscoli esseri alieni, che da parte loro lo osservano con innocente inquietudine… prima di mutare espressione in un sorriso sadico e malvagio, sfoderando al contempo una fila interminabile di dentini aguzzi.
Inizierà così un’accanita battaglia domestica tra i pestiferi mostriciattoli e il nostro eroe: riuscirà quest’ultimo a resistere all’assedio dei Furfangs, e a difendere dalle loro brame il prezioso anello di fidanzamento?
Dopo The Guardian e Ufo Race, Andrea Ricca torna alla carica con un nuovo cortometraggio di stampo vagamente fantascientifico, a metà tra l’horror e il demenziale, ammiccando a serie televisive e film in stile anni Ottanta. Il risultato è originale e piacevole, interessante sia per gli effetti speciali proposti sia per le soluzioni registiche adottate, come i primissimi piani volutamente dinamici e tremolanti usati per amplificare momenti di tensione, o le sequenze riprese “dentro” le sequenze, come livelli alternativi di narrazione: è il caso del trapasso di uno dei Furfang, che viene mediato da una videocamera attraverso cui lo spettatore può assistere allo svolgersi di quella scena… almeno fino a che le batterie non terminano la loro carica, in misterioso sincronismo con la vita del funesto esserino.
La rappresentazione dei quattro agguerriti alieni pelosi, affidata alla computer grafica di Gennaro Acanfora, offre animazioni fluide e convincenti che ben si amalgamano con la recitazione muta del personaggio umano, interpretato dallo stesso regista.
Realizzato in assenza di mezzi – solo con una videocamera miniDv e un computer – The Furfangs offre una visione piacevole e divertente, alternando attimi di pathos a momenti di comicità farsesca, adatti a un pubblico di ogni età.
Pur realizzato a costo “zero”, questo corto ha indubbie caratteristiche di qualità e originalità che lo premiano, e ha saputo conquistarsi apprezzamento e recensioni anche in portali esteri, ennesima prova delle potenzialità offerte da Internet agli artisti che decidono di sfruttare questo canale e la tecnologia per distribuire le proprie opere e per sopperire ai limiti di budget.
Per parlarci del suo lavoro, abbiamo chiesto all’autore una breve intervista…
Leonardo Colombi – Ben ritrovato Andrea e complimenti per il tuo nuovo cortometraggio. Domanda a bruciapelo: da dove è nata l’idea per The Furfangs?
Andrea Ricca – Grazie per i complimenti e un saluto a Terre di Confine e ai suoi lettori. Nei miei corti sto cercando di esplorare i generi cinematografici che amo di più, e quindi l’avventura, la fantascienza e l’horror. The Guardian, ad esempio, richiamava le atmosfere di Ray Harryhausen, e di Indiana Jones che a sua volta omaggiava i classici degli anni Trenta. In The Furfangs ho voluto citare invece tutti quei “creatures flicks” degli anni Ottanta, tipo Gremlins, Critters, Ghoulies… che raccontano storie di mostriciattoli dispettosi e pericolosi, ma caratterizzate da una certa dose di humour.
LC – Dopo Ufo Race, nuovamente sono gli alieni ad affiancarti nel video: una semplice coincidenza, oppure quella per la fantascienza è una vera e propria passione che coltivi da tempo?
AR – Più che una vera passione la apprezzo per gli espedienti narrativi cui consente di ricorrere: in un contesto fantascientifico c’è infatti la possibilità di rendere accettabile al pubblico la presenza di elementi fantastici la cui origine ha premesse legate ad aspetti “tecnici”.
LC – Oltre ad elementi di tipo fantastico, nel tuo video sono evidenti soluzioni al limite dell’horror e del demenziale: tra questi generi, qual è quello che preferisci di più e qual è quello che, a tuo avviso, risulta più difficile da portare sullo schermo?
AR – Come hai giustamente notato, sono rimasto sul filo dell’horror limitando al contempo la violenza, per far sì che i miei corti possano risultare fruibili a qualsiasi tipo di pubblico. A mio avviso, comunque, l’horror corre spesso il rischio di ripetersi. Aspetto questo che può anche essere voluto, andando a costituire un elemento rassicurante per il pubblico che, spesso e volentieri, cerca la stessa storia, quella che gli permetta di sfogare le tensioni più violente. Il demenziale credo sia invece un tipo di umorismo più di nicchia, più difficile da attuare e che non raggiunge facilmente il grande pubblico.
LC – Cosa puoi raccontarci in merito alla caratterizzazione grafica dei piccoli e irritanti alieni piombati in casa tua, quasi un sorta di omaggio ai Gremlins e ai Critters che poco fa hai ricordato?
AR – All’inizio dovevano essere solo delle palline pelose e dentate che rimbalzavano nella casa; poi gli abbiamo aggiunto le braccia e le gambe, così da consentirgli maggiore interattività con l’ambiente domestico. Tra i vari schizzi preparatori realizzati alla fine abbiamo optato per quelli dall’aspetto più buffo e più “cartoonesco”.
LC – A differenza di quanto accaduto con i precedenti corti, per la realizzazione di The Furfangs hai collaborato con Gennaro Acanfora e Gianfilippo De Mattia: mi viene spontaneo domandarti cosa è cambiato nel tempo nel tuo modo di ideare un cortometraggio.
AR – Principalmente ho acquisito maggior esperienza. A fronte di questa personale maturazione, a livello tecnico, ho cercato di alleggerire il carico di Gennaro, proponendogli anche di eliminare alcune scene potenzialmente superflue pur di consentirgli di completare il lavoro con relativa tranquillità. Conoscendo alcune delle problematiche del 3D ho inoltre cercato di valutare quali effetti potevano risultare più complicati e quali più efficaci, soprattutto considerando che, mentre per esempio in The Guardian il numero di inquadrature che richiedevano effetti speciali era limitato, in The Furfangs le creature sono presenti dall’inizio alla fine.
LC – Parlaci dei tuoi collaboratori: come li hai conosciuti e com’è il vostro rapporto artistico e lavorativo?
AR – Dopo aver messo un annuncio per la ricerca di collaboratori sono stato contattato da Gennaro Acanfora, un ottimo grafico 3D che negli ultimi tempi si era dedicato soprattutto al web e voleva ritornare a cimentarsi con la grafica tridimensionale. Solo in seguito però abbiamo scoperto di abitare a circa 3 chilometri l’uno dall’altro, e questo ha senza dubbio agevolato la nostra collaborazione, consentendoci di produrre il corto in circa tre mesi di lavoro, riservando solo una settimana alle riprese dal vero.
Infine è intervenuto Gianfilippo De Mattia, sempre residente nella mia zona, il quale, con le sue splendide musiche composte appositamente per il corto, ha valorizzato ulteriormente al progetto.
LC – A quali espedienti avete dovuto far ricorso tu e i tuoi collaboratori? Che tipo di soluzioni tecnologiche avete dovuto utilizzare o sperimentare?
AR – I Furfangs sono indisciplinati e dispettosi… non è affatto facile recitare assieme a loro! In realtà abbiamo realizzato uno storyboard che copriva la storia inquadratura per inquadratura, ed è grazie a questo espediente che abbiamo potuto inserire le creature digitali coerentemente alla recitazione dell’attore. L’ottimo risultato raggiunto nel compositing, ci tengo a precisarlo, è principalmente merito della bravura di Gennaro.
LC – Qual è stato il gradimento manifestato dal pubblico? E quello della critica specializzata?
AR – Per fortuna il gradimento del pubblico è stato ottimo, con oltre 10.000 visioni su YouTube in meno di un mese. Altrettanto è stato l’apprezzamento registrato della critica e riscontrato nei siti specializzati, naturalmente incorniciando il lavoro in una prospettiva no budget. Le recensioni possono essere lette sul mio sito www.andrearicca.com
LC – Sul tuo sito abbondano riferimenti anche a portali stranieri: è un indizio della notorietà che ti stai guadagnando anche all’estere, oppure è il sintomo che, nel nostro Paese, l’attenzione rivolta ai giovani cineasti indipendenti è ancora limitata?
AR – Sicuramente The Furfangs è uno dei pochi cortometraggi italiani che mescola riprese dal vivo con creature generate al computer che interagiscono con personaggi reali. Per questo, seppure sulla base di risorse economiche inesistenti, il progetto ha potuto farsi largo anche in territori inesplorati, oltre i confini del nostro Paese. Senza dimenticare il fatto che negli Stati Uniti, ad esempio, il pubblico è più abituato ai film di genere e, di conseguenza, ha una mentalità più aperta. D’altro canto, all’estero, c’è anche tanta concorrenza e non è affatto facile far circolare il proprio prodotto. Ma per fortuna i Furfangs sono riusciti a farsi notare su portali di cinema molto seguiti, riscuotendo un discreto consenso.
LC – Considerando il finale del video, è prevista la realizzazione di un “The Furfangs 2”? Ma, soprattutto, hai più avuto il coraggio di utilizzare il frigorifero di casa?
AR – In effetti, diverse persone mi hanno già suggerito di provare a realizzare un seguito. Vedremo. Anche perché vorrei passare all’utilizzo di telecamere in HD, tentare di assemblare una mini troupe ed incrementare il realismo delle creature.
Per quel che riguarda il frigorifero, in un primo momento si era deciso di rottamarlo, ma poi nessuno ha avuto il coraggio di avvicinarsi…