The Rhetorics of Fantasy di Farah Mendlesohn è uno splendido saggio che analizza in una chiave nuova, attraverso il linguaggio e la retorica del genere, i vari modi di costruire una narrazione fantasy. L’approccio dell’autrice, che nella sua trattazione ha separato gli elementi reali da quelli fantastici, produce alcuni risultati sorprendenti, portando a una categorizzazione originale che individua quattro ampie classi alle quali poter far risalire ogni opera fantasy, che si distinguono per come il fantastico entra nella storia: immersive, intrusive, portal-quest e liminal.
Mendlesohn dedica grande cura a sottolineare la fluidità di queste sue categorie, presentando molti e ben noti esempi. Di seguito spiegheremo brevemente ognuna delle quattro classi, e per comprenderle meglio indicheremo anche noi qualche utile esempio cross-mediale.
Immersive
Il Fantasy immersive (che in italiano potremmo definire ‘immersivo’) si distingue per la caratteristica di lanciare il pubblico direttamente nel mondo fantastico, già dalla prima sequenza espositiva, e mantenerlo all’interno di quel mondo. La strategia richiede un’abile gestione del world-building, che implica la necessità per il pubblico di prendere confidenza non solo con il mondo della fantasia ma anche - come spiega l’autrice stessa – con “una serie di premesse che indicano il fantastico senza spiegarlo, ponendolo come norma, sia per i protagonisti che per il lettore…”
A questo proposito, la serie di videogiochi che per prima viene in mente è il franchise di Final Fantasy. Ciascuno dei giochi prevede di partecipare (quindi accettandolo a priori) a un contesto preconfigurato in ogni particolare, comprendente un mondo, i suoi usi e costumi, la sua cultura ecc… Da questo punto di vista la casa produttrice Square (oggi Square Enix) ha fatto un eccellente lavoro nel combinare il letterario con il visuale in una corposa esperienza interattiva, il cui capitolo più recente è Lightning Returns: Final Fantasy XIII.
Quella immersive è la più comune forma di Fantasy, in generale. I temi e i metodi sono stati adattati da molti media. GD Casino, per esempio, sfrutta contenuti immersivi nelle sue slot, soprattutto ‘Thief’, la cui grafica e i cui motivi musicali riproducono quelli dell’omonimo titolo targato Square Enix. Non si deve necessariamente considerare le slot come Fantasy immersivo, ma del resto non di può necessariamente ritenere tale nemmeno un nudo RPG. È innanzi tutto il contenuto, al di là della meccanica, a indicare la tipologia del genere, quale che sia il medium utilizzato.
Un altro esempio lampante nell’ambito dei videogiochi è costituito da Shadow of the Colossus. Gli elementi inziali sono semplicemente un ragazzo con il suo cavallo, una fanciulla, una voce ultraterrena, e un gigantesco tempio vuoto. Tutte le rappresentazioni successive di questo mondo sono poi esplorate dal giocatore stesso. Shadow of the Colossus vuole inoltre proporre un lato ‘artistico’, impiegando tecniche di progettazione per indurre vertigini nel lettore, e offrendo spunti per meditare – attraverso le avventure fatte vivere al giocatore – sul peso della vita, sulla morte, sulla solitudine, e sull’amore.
Intrusive
Il Fantasy intrusive (‘intrusivo’) prevede che sia l’elemento fantastico a entrare da intruso nella ‘realtà’ della finzione scenica. Il fattore sorpresa è caratteristico in questo genere, che cerca appunto di sorprendere continuamente il pubblico.
Un’opera esemplare è l’acclamato manga (e poi anime) Mushishi, di Yuki Urushibara. In esso il fantastico è costituito dai Mushi, creature eteree che entrano in contatto con il mondo reale infettando con strane ‘malattie’ la gente. Il protagonista è Ginko, un mushishi (‘cacciatore di Mushi’), la cui missione è aiutare appunto coloro che sono vittime di questi parassiti invisibili.
Altra opera intrusive è Black Butler di Yana Toboso, manga apparso nella rivista Monthly GFantasydella già citata Square Enix, e poi anch’esso trasposto in anime. ‘Intrusivi’ in questa serie sono i regni del Paradiso e dell’Inferno, con Angeli e Demoni che vivono comodamente dietro le quinte nella Londra del XIX Secolo.
Portal-Quest
Il Fantasy portal-quest richiede che vi sia un confine, o un portale, a separare completamente la ‘realtà’ dai mondi fantastici.
Il racconto The Poacher, di Ursula K. LeGuin, è un ottimo esempio. La storia riscrive gli avvenimenti de “La Bella Addormentata”, aggiungendo alla ben nota fiaba la prospettiva di un protagonista ‘estraneo’. Il portale qui è rappresentato dalla siepe che circonda il castello e il parco, dalla quale il protagonista (senza nome) emerge per trovare tutti addormentati, anche la principessa sulla sommità della torre. Il mondo ‘reale’ e quello fantastico rimangono indipendenti, non si pongono in contatto, anche se il protagonista va e viene tra loro molte volte.
Nel più recente manga L’attacco dei Giganti, di Hajime Isayama, il ‘portale’ di separazione si trova sotto forma di brecce nel colossale muro che circonda il territorio in cui gli ultimi sopravvissuti umani si sono rifugiati dopo essere stati quasi totalmente sterminati da una misteriosa razza di Giganti umanoidi e primitivi. Ciò che rende separato il mondo interno da quello esterno è la totale assenza di ‘contaminazione’ tra i due, nessuno rapporto, culturale o di qualsiasi altro genere, anche se il passaggio dall’uno all’altro è materialmente possibile (sebbene estremamente pericoloso per gli uomini).
Liminal
Il Fantasy liminal è il più strano dei quattro, e anche il più raro. Indicativo di questa strategia narrativa è il ‘momento trans-liminale’, l’attimo in cui siamo invitati ad varcare la soglia del mondo fantastico, sia in senso letterale che figurato, e decidiamo se farlo o non farlo. A tal proposito è importante notare che qui il fantastico è rappresentato come sconosciuto e inquietante, alla cui esistenza si deve far fatica a credere.
Un esempio letterario e il racconto The Door in the Wall di H.G. Wells: descrive la storia di un uomo che, per tre volte, è tentato di oltrepassare una porta verde dietro la quale egli sa celarsi un giardino magico. Tutte le volte l’uomo rifiuta, preferendo proseguire la sua vita nel mondo reale. La porta è presentata come un elemento che genera ansietà; la paura impedisce all’uomo di sperimentare il fantastico, di abbracciarne l’esistenza. Il momento trans-liminal si presenta ogni volta che interviene il rifiuto di attraversare la porta.
In Monument Valley, il gioco per smartphone sviluppato da Ustwo, la storia svolge a ritroso il contesto di Fantasy liminal. Qui è il mondo immaginario a percepire come fantastico il mondo ‘reale’, ed è da quest’ultimo che proviene l’invito, attraverso conversazioni sfuggenti e nebulose che si verificano in punti non specificati lungo tutto il ‘viaggio geometrico’ che il giocatore deve compiere. La principessa protagonista, alla fine, deciderà di rimanere nel suo mondo, quello immaginario (che per lei è quello reale), rifiutando di entrare nel ‘nostro’ (che per lei è quello fantastico). L’elegante gioco mantiene quindi i temi e criteri del genere liminal ma ne inverte i ruoli tradizionali.
In conclusione, è incredibile constatare come le categorie retoriche delineate da Mendlesohn siano in effetti comunemente usate. Trattare il fantastico e il reale come due elementi separati e individuare come interagiscono tra loro è un modo perfetto per mettere in luce le strategie impiegate nel creare l’esperienza narrativa, le quali trascendono il genere adottato e il mezzo narrativo impiegato. The Rhetorics of Fantasy è insomma un ottimo strumento per comprendere meglio la genesi del Fantasy e le basi su cui poggia la narrativa in generale!