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The Singing Detective Recensioni film Febbraio 19, 2013 Cuccu'ssette

The singing detective


Dan Dark è uno scrittore di polizieschi pulp, i cui romanzi traboccano di parolacce e scene esplicite di sesso e violenza. La sua vita è deprimente: ha avuto un’infanzia terribile, i suoi noir vengono considerati spazzatura, e, se non bastasse, fin da bambino è afflitto da una forma devastante di psoriasi. Dan Dark accetta male la malattia, che lo rende invalido, lo allontana dalla professione e dagli affetti, e gli fa vivere momenti di autentica umiliazione. La sua rabbia è acuita dall’intelligenza, dallo sguardo critico che riserva per sé e per gli altri. Costretto in un letto di ospedale, deturpato dalle piaghe al punto di non riuscire a camminare e neppure a stringere una penna tra le mani, trascorre il tempo a immaginare avventure poliziesche. Il suo eroe è un detective degli anni Cinquanta che spesso si esibisce in locali notturni cantando rock and roll, un investigatore che accetta di risolvere i casi più disperati.

Un giorno la moglie di Dan Dark (che lo ha abbandonato) si rifà viva perché una major cinematografica vuole trarre un film dalle storie del marito.

Nel delirio della febbre dello scrittore, però, fantasia e realtà si confondono…

CACIUCCO D’AUTORE

Si dice spesso che i generi oggi non sono più di moda, al cinema così come in biblioteca; e in parte l’affermazione è azzeccata: gran parte dei film apprezzati dal pubblico o dalla critica sono frutto di intelligenti contaminazioni. Il crossover tra hard boiled, dramma, commedia musicale è alla base di The singing detective, che fa della mescolanza il suo punto di forza e rilegge i generi con sguardo surreale. I richiami a Philip Marlowe, l’investigatore creato da Raymond Chandler, sono lampanti: protagonista è uno scrittore, e il potere evocativo della scrittura, anche di quella considerata ‘di serie B’, è in primo piano. I momenti di musical irrompono nella vita del malato, che trasfigura la realtà oppure scrive nella sua mente pagine di nuove avventure. Le sequenze da musical sono inserite soprattutto nella prima parte della pellicola, sono vistosamente artefatte e si capisce che gli attori si limitano a fingere di cantare. L’ambientazione ospedaliera è trattata con crudezza: i medici sono impotenti davanti alle esigenze del malato, non sanno quali terapie adottare e pretendono che una persona giovane e intelligente apprezzi la vita anche se sfigurata da un male che suscita ripugnanza e impedisce le attività più elementari.

L’amalgama di generi è geniale pur se i frequenti passaggi tra il passato dello scrittore, il suo presente, gli anni Cinquanta del detective e i deliranti parti della febbre possono risultare poco armonici. I personaggi reali, i vissuti spiacevoli, si mescolano e confluiscono nella stesura ideale del romanzo. Soprattutto verso la conclusione, fantasia e realtà si fondono in un crescendo continuo che disorienta lo spettatore. D’altra parte il film omaggia il noir, e il noir è per certi versi l’opposto del giallo: propone domande e concede poche soluzioni certe. Sherlock Holmes smaschera sempre il colpevole armato di conoscenza scientifica e capacità di deduzione, mentre gli anti eroi dell’hard boiled possono anche fallire, sono fragili e disorientati da un mondo che offre tante interpretazioni e rifugge le certezze. Così la fantasia onirica del protagonista lascia aperti mille dubbi, e la verità si relativizza.

NOUVELLE COUSINE

The singing detective nasce da una miniserie britannica degli anni Ottanta, rielaborata e resa più attuale. Presenta molte scene esplicite di sesso, i dialoghi sono crudi, la malattia e le sue conseguenze sono ritratte con vivo realismo, tanto da far vietare la pellicola ai minori di quattordici anni. Film colpiti a ragione o a torto dalla censura ce ne sono sempre stati, anche uscendo dai titoli pornografici o dall’horror. In questo caso, la pellicola non è ‘per tutti’ perché inquadra tematiche dolorose trattandole con i registri del grottesco: un complesso di Edipo risolto alla meno peggio, il rapporto conflittuale con la sessualità e le donne, il sottile confine tra genialità e follia, l’indifferenza e l’opportunismo che regnano in gran parte delle relazioni umane. Né il protagonista stabilisce un contatto immediato con lo spettatore, nonostante l’abilità recitativa di Robert Downey Jr: l’empatia, se scatta, si stabilisce dopo un buon quarto d’ora di proiezione, quando la complessa personalità di Dan Dark si rivela. Mel Gibson e Adrian Brody sono nomi di richiamo; pur bravissimi potrebbero deludere quanti ricordano il prestante protagonista di Mad Max o Braveheart, o il delicato interprete de Il Pianista. Il tempo è passato senza pietà su Mel Gibson, quasi irriconoscibile nei panni dello psicoterapeuta. C’è da apprezzare il suo coraggio nell’aver scelto di riciclarsi, senza trascinarsi sul set alla ricerca di improbabili parti giovanili. Tra l’altro Gibson ha investito soldi suoi nel progetto, probabilmente rimettendoceli fino all’ultimo cent. Adrian Brody è spassoso, finalmente a suo agio in un ruolo tragicomico.

Ci vuole una particolare sensibilità per apprezzare lo stile narrativo del regista, Keith Gordon – che per certi versi ricorda David Lynch –, e il suo sguardo divergente sull’anormalità. The singing detective non accontenta tutti i gusti con soluzioni facili e banali. Mettere qualche bella ragazza nuda e inserire le scene di sesso può facilitare la distribuzione, ma nel caso particolare quelle sequenze sono funzionali allo sviluppo della vicenda: il protagonista ha un rapporto conflittuale con se stesso, con il sesso, e con le donne. Era difficile far capire questo lato del carattere senza inserire alcune sequenze forti. Scene poco spensierate, che rendono la pellicola poco commerciale e mostrano un’altra faccia del cinema d’oltreoceano, lontana dagli stereotipi. La distribuzione è stata penalizzata, sia negli USA, sia in Europa. In Italia sono giunte pochissime copie della pellicola, proiettata nei sempre più rari cinema d’essai. Una sorte che accomuna The singing detective a tanti altri titoli usciti in sordina, film eccentrici per palati annoiati dalla banalità patinata.


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