Anteprima testo
Dallas, Texas
22 novembre 1963, 12:05
Una zaffata pungente di pesce marcio mi investe le narici prim’ancora di aprire gli occhi. Suppongo che questa puzza spieghi la presenza di quei gatti che entravano e uscivano dal mio campo visivo tutte le volte che supervisionavo questo punto stabile, durante gli ultimi giorni. Due di loro, un soriano macilento color arancione e un gatto bianco a pelo lungo con un orecchio strappato, mi soffiano contro occhieggiandomi cauti da sopra un cassonetto Dempster, direttamente alle mie spalle. Un cartello attaccato sul cassonetto riporta SOLO PER DEPOSITO LIBRI BIBLIOTECA SCOLASTICA, ma le lische e gli scarti di verdure tutto intorno indicano senza mezzi termini che almeno un ristoratore della zona non sa leggere, o che non gliene importa granché.
La puzza tremenda che si sente è senz’altro il motivo principale per cui la CHRONOS ha indicato questo luogo come punto stabile. Nessuno che abbia un minimo di buonsenso si azzarderebbe ad avventurarsi a meno di trenta metri da qui. Gli unici a poter notare uno storico o due comparire dal nulla sarebbero soltanto i gatti in questione.
Studio un’ultima volta le facce sulla fotografia e poi me la infilo sotto la maglietta insieme alla mia chiave CHRONOS mentre mi affretto lungo Houston Street. Svolto sulla Elm e mi dirigo verso il cartello con su scritto R.L. THORNTON FREEWAY – TENERE LA DESTRA. Lungo la strada sta cominciando a radunarsi la folla. Il corteo di automobili è a soli dieci minuti da lì, il che significa che i tempi di questo salto sono decisamente troppo stretti per essere comodi, ma i minuti immediatamente precedenti la sparatoria sono gli unici in cui posso prevedere con maggior certezza la posizione dei miei nonni.
Ci sono non meno di sette punti stabili nel raggio di cinque isolati, a testimonianza della persistente influenza delle teorie complottiste che continuano a circondare l’assassinio di Kennedy, perfino nel XXIV secolo. Ne ho già provati tre e, in questo preciso momento, altre tre versioni di me si stanno incamminando verso Dealey Plaza: una da Market Street, una da Main Street e una da Record Street. La Kate su Main Street indossa perfino la stessa maglietta e lo stesso giacchetto che ho io in questo istante, con il suo stupido colletto alla Peter Pan, ma, tra circa un minuto, sarà inghiottita dalla folla e, a mezzogiorno e mezza, quando nella piazza risuoneranno gli spari, sarà a un isolato di distanza da qui. Neanche le altre due Kate riusciranno a trovare Timothy ed Evelyn Winslow.
Mentre mi avvicino alla piazza, che in realtà non è altro che un parchetto con una pergola bianca in cima alla collina, una giovane coppia e due bambini si fermano poco più avanti rispetto a me. Il bimbo più grande, sui quattro anni, tiene stretta in un pugno la gonna rossa di sua madre. Il più piccolo saltella sulle spalle del papà, afferrandone con entrambe le mani paffute il colletto della camicia a quadri. Il piccolo rovescia la testolina bionda all’indietro per vedere il mondo sottosopra e fa una faccia sorpresa quando mi vede lì, a pochi passi da loro.
Suo padre indica col mento un piccolo spiazzo d’erba triangolare nel mezzo, dall’altra parte di Elm Street.
«Però… Forse sarebbe meglio restare da questa parte, Bill?» La donna sembra avere poco più di vent’anni; la sua voce è acuta e stridente, con un’evidente parlata strascicata tipica del Sud. «Laggiù ci dobbiamo preoccupare che non scappino in mezzo al traffico di due strade. Se restiamo qui, possono giocare sull’erba mentre aspettiamo.»
Il padre tira su il bimbetto dalle spalle con un gesto fluido e rodato, e lo posa a terra sul poggio erboso così tristemente noto. Mentre si raddrizza incontra il mio sguardo e mi rivolge un timido sorriso; sembra un giovane Elvis Presley, con i capelli più corti, però. Sento un brivido corrermi lungo la schiena. Non so bene perché, e poi mi rendo conto che quelle persone sono i Newman, la famiglia ritratta in quelle immagini e in quei video che ho studiato in rete, e che presto assisteranno in prima fila all’assassinio. Dopo la sparatoria saranno sommersi dai giornalisti, con decine di fotoreporter a scattare fotografie mentre i due genitori restano sdraiati sull’erba, proteggendo con i loro corpi i bambini da tutto quel caos.
Devo averli fissati un attimo di troppo, perché Newman e sua moglie si scambiano un’occhiata confusa. Io rivolgo loro un sorrisetto nervoso e li supero, affrettandomi verso i gradini di cemento che conducono alla pergola.
Una staccionata e alcuni alberi imponenti nascondono la vista molto meno pittoresca di un parcheggio pieno di sporcizia alle spalle della piazza. La maggior parte degli alberi è ancora verde, nonostante sia la fine di novembre, ma alcuni stanno cominciando a perdere le foglie rossastre e dorate. Vicino alla staccionata stanno camminando tre o quattro persone. Continuo a ripetermi che devo limitarmi a cercare la Ford Fairlane celeste. Ma non riesco a fare a meno di notare un giovanotto con un paio di baffetti sottili affacciato dalla collinetta, intento a fissare giù verso la strada, con un leggero tic nervoso alla mano sinistra. Si appoggia alla staccionata, mentre fuma la sua sigaretta. Fa troppo caldo per il giacchetto che indossa… Che sia una pistola, quel bozzo nella sua tasca? E quello spazio in ombra tra l’albero e la staccionata potrebbe facilmente nascondere un fucile…
Scuoto la testa, tornando a concentrarmi sulla questione più importante, e finalmente riesco a individuare la macchina che ho visto di sfuggita durante il mio ultimo salto, appena prima che gli spari riempissero l’aria e mi togliessero ogni possibilità di avvicinarmi alla piazza. La Fairlane è parcheggiata a una ventina di metri abbondanti da lì, dietro un camioncino rosso sporco con una ruota anteriore a terra.
Nel 1963 ci sono molte Ford Fairlane celesti per strada, per cui potrebbe anche essere un altro buco nell’acqua. Mi sposto a destra, sperando di riuscire a sgattaiolare intorno al camioncino e a qualche altra macchina, per avvicinarmi non vista dal retro del parcheggio. Sempre che i miei nonni siano davvero in quella macchina e non in giro dalle parti di Zapruder, a intromettersi nel suo filmino amatoriale. O magari al sesto piano del deposito scolastico, in cerca di Lee Harvey Oswald. Stiamo facendo grosso affidamento sul ricordo che Katherine ha di una breve conversazione con Evelyn di quasi cinquant’anni fa.
Quando abbiamo cercato in rete il veicolo in questione, Connor si è sperticato in esclamazioni ammirate di fronte alle immagini di questo ‘classico dell’automobile’ ma, mi dispiace dirlo, le macchine di quest’epoca sono davvero un pugno in un occhio. Già soltanto con tutto il metallo che hanno sulle alette di coda si potrebbero costruire un paio di Prius. Considerazioni estetiche a parte, però, in verità queste alette mi vanno a genio, perché mi consentono di avere un po’ più di copertura mentre aggiro l’auto accovacciandomi il più possibile.
Dentro ci sono due persone, ma sono così avvinghiate che riesco a malapena a distinguere dove inizi una e dove finisca l’altra, e tantomeno ad accertarmi che somiglino alla foto che mi ha dato mio padre. Se sono davvero loro, so che queste effusioni così eccessive sono più che altro una copertura. In realtà sperano che il tipo della staccionata, o qualsiasi altro ‘secondo cecchino’ potenziale, ignori la giovane coppia che amoreggia nel parcheggio, lasciandogli così un posto in prima fila davanti al film della Storia in divenire. Probabilmente non stanno nemmeno ansimando… Ma c’è comunque un che di sgradevole nel saltare fuori all’improvviso per presentarti a qualcuno che potrebbe essere tua nonna a venticinque anni, nel momento in cui ha la camicetta mezza sbottonata e tuo nonno si è appena spinto in seconda base.
Tiro fuori il mio medaglione CHRONOS. Nell’altra mano ho la foto e il mio cellulare. Benché nel 1963 non possa ricevere alcun segnale, il telefono è comunque in grado di mostrare i video che Katherine e mio padre hanno registrato per corroborare la mia storia.
Esito per un istante, chiedendomi se sia il caso di bussare educatamente al finestrino. Ma i capelli di lei sono color rame scuro come quelli della donna della Polaroid, per cui decido di andare spedita. Tirando seccamente la maniglia cromata, apro la portiera della Fairlane. Mi butto sul sedile posteriore, tenendo di fronte a me la chiave CHRONOS come un distintivo della polizia, prima ancora che riescano a capire che cosa stia succedendo.
Evelyn mi scocca un’occhiata furibonda dallo specchietto retrovisore e comincia immediatamente a riabbottonarsi la camicetta. Timothy guarda dietro, e io ho la strana sensazione di trovarmi di fronte la faccia ‘arrabbiata’ di mio padre, con quindici anni in meno e forse qualche chilo in più. Papà è una persona molto mite, per cui quella faccia l’ho vista soltanto poche volte. Quella che mi ricordo più chiaramente risale a quando dovevo avere cinque anni e avevo cercato di scoprire se il laser del lettore dvd fosse in grado di riscaldare una Pop-Tart (no, non lo è).
«Siamo. In. Piena. Ricerca» mi dice lui, facendo scattare rabbiosamente il mento verso il tipo appoggiato alla staccionata. «Quell’uomo potrebbe essere James Files, e…»
«E forse è il secondo cecchino. Sì, lo so, e mi dispiace. Uno di voi due può continuare a tenerlo d’occhio, se volete.»
Evelyn sprofonda sul sedile per poter continuare a guardare il tipo senza dare troppo nell’occhio. «Non ti ho mai visto alla CHRONOS» dice. «Per cui immagino che tu faccia parte di una delle coorti precedenti? O successive, magari?»
Io do la fotografia a Timothy. Vi sono ritratti loro due, con qualche anno in più. Stanno ridendo. Lui solleva tra le braccia un bimbetto dai capelli scuri, tenendolo alto sopra la testa. Sullo sfondo s’intravede uno scorcio del lato del passeggero di questa stessa Ford celeste.
«Immagino che sia tutta una questione di punti di vista. Io sono Kate. Sono vostra nipote. Il bimbo che hai in braccio in questa foto è mio padre.»
La maggior parte delle persone non ha bisogno di presentarsi ai propri genitori o ai propri nonni, ma io sembro averne fatto una specie di abitudine. Tre mesi fa mi sono ritrovata seduta di fronte a mio padre, a un tavolo da picnic, e ho cercato di convincerlo che fossi sua figlia, proveniente da un altro orizzonte temporale. Poi ho inseguito due differenti versioni di Katherine, la mia nonna materna, per tutta l’Esposizione Mondiale di Chicago del 1893. Mi sono presentata allo stesso modo in entrambe le occasioni per riuscire a evitare che fosse assassinata e che, di conseguenza, la mia stessa esistenza venisse meno. Se mai dovessi incontrare l’altro mio nonno, Saul Rand, avrò collezionato tutto il set, ma spero vivamente di non dover mai avere un faccia a faccia con lui. Tanto per cominciare, Saul è il motivo principale per cui mi trovo in questo casino. E, se la sua gente scopre che sto interferendo, la mia vita si trasformerà in un vero inferno.
Timothy sposta lo sguardo dalla foto al mio viso, poi di nuovo sulla foto, prima di guardare sua moglie. Lei mi squadra nello specchietto retrovisore per un istante, poi torna a tenere d’occhio il tizio appoggiato alla staccionata. «In effetti ha i tuoi occhi, Timo.»
Si vede che mio nonno è ancora infastidito, ma il suo viso si è addolcito un po’. «Allora, Kate, che succede? A meno che le regole della CHRONOS non cambino drasticamente nei…
Tit. originale: Time’s Edge
Anno: 2014
Autore: Rysa Walker
Ciclo: The Chronos Files #2
Edizione: Fanucci (anno 2015)
Traduttore: Stefano A. Cresti
Pagine: 443
ISBN: 8834729056
ISBN-13: 9788834729052
Dalla copertina | Per fermare il sadico Saul e la sua banda di viaggiatori nel tempo impegnata a riscrivere la Storia, Kate Pierce-Keller deve essere pronta a tutto e recuperare le chiavi chronos prima che finiscano nelle mani sbagliate. I seguaci di Saul, organizzati in una setta ricca e potente, hanno predetto un’apocalisse che, se portata a compimento, cancellerebbe dalla faccia della terra chiunque non condivida la loro fede. Per Kate, ogni viaggio nel tempo è un’occasione per scoprire qualcosa di più sul piano diabolico che Saul ha ordito, ma non sa che anche i suoi nemici sono sulle sue tracce, più vicini di quanto immagini. L’unico alleato di Kate è Kiernan, anche lui dotato del gene che permette di viaggiare nel tempo. Tuttavia, il loro legame sempre più stretto minaccia di distruggere il suo rapporto con Trey, il fidanzato, che non ricorda nulla della loro relazione, ma che lei invece non può dimenticare. Riuscirà Kate, risucchiata in un turbine di emozioni e pericoli, a salvare le vite che Saul ha deciso di sacrificare per i suoi malvagi scopi? Il secondo appassionante viaggio di un’adolescente straordinaria. Una storia di avventura, mistero, amicizia e amore, oltre i confini del tempo.