Ucronie

Ucronia e didattica storica

Romanzi storici sì, purché siano romanzi di contesto, in grado cioè di essere convincenti come ricostruzione complessiva e portare anche, se ben congegnati, a sviluppi inediti. Fin qui Le Goff. Una posizione legittima, la posizione dello storico che vede nel romanzo, se ben documentato, una possibilità didattica, purché ovviamente lo scrittore abbia svolto un buon lavoro di documentazione.

Romanzi storici tout court e romanzi storici di fantasia, e poi anche romanzi ucronici, laddove la storia alternativa, l’evento che cambia la storia, o meglio che l’ha cambiata, diventa il presupposto per una costruzione di fantasia. Una costruzione che deve tuttavia essere coerente e ben fatta, senza errori, per poter essere assimilata con gusto dal lettore.

In tutti e tre i casi, va chiarito anzitutto che stiamo parlando di finzione. Lo stesso romanzo storico alla Victor Hugo, o alla Emile Zola, o alla Leone Tolstoj, per intenderci, metteva in campo i grandi protagonisti della storia, proponendo vicende di grandi sentimenti sorrette dalla magistrale capacità affabulatoria degli autori. La storia vera, quella con la “s” maiuscola, e le storie dei personaggi si fondevano in una finzione di grandissimo stile, per una letteratura che all’epoca era popolare: in Francia, Hugo e Zola pubblicarono a puntate sui giornali.

Tutte queste precisazioni servono per chiarire un contesto e una similitudine fondamentale: il romanzo storico e il romanzo ucronico hanno molto in comune. Tuttavia, il secondo presenta uno svantaggio non da poco nei confronti del primo: basa tutto il suo interesse su fatti mai avvenuti, sui “se” e sui “ma” della storia ufficiale (se Napoleone avesse vinto a Waterloo, se Cesare non fosse stato accoltellato a morte, e così via). L’ucronia è la storia mai nata, la storia che sarebbe (forse) potuta essere, ma che non fu, perché un certo evento andò in un certo modo anziché in altro. Ma perché, allora, l’ucronia è di moda?

Diciamo anzitutto dove è di moda: nel mondo anglosassone, e negli USA in particolare. Perché? Gli USA guardano alla storia con un misto di noncuranza e riverenza. Paese giovane, abituato a forzare il presente a proprio uso e consumo, gli USA gradiscono intrecci in cui si possa fantasticare su un presente – o un futuro – alternativo. Manipolare la storia, un qualcosa che sentono lontano, li rende più sicuri di sé. Diversa la situazione in Italia. Da una parte c’è chi dice che gli scrittori di storia alternativa siano dei revanscisti. Il fatto che molti romanzi ucronici italiani scelgano come evento capitale un fascismo che sopravvive alla guerra, si dice, proverebbe un desiderio di voler dimostare che “si stava meglio quando si stava peggio”. E che svariati autori ucronici italiani siano poi dichiaratamente di destra rafforza questa sensazione.

In realtà le cose non stanno proprio così. La verità è che in Italia il fascismo rappresenta ancora un buco nero, di cui si potrà scrivere con serenità, storicamente e ucronicamente, solo quando tutti i protagonisti di quel momento storico non saranno più fra noi. C’è ancora troppa animosità in Italia fra destra e sinistra perché il romanzo ucronico possa davvero essere sdoganato, e c’è ancora troppa ignoranza in materia storica – la storia dei fatti e delle date piace a pochi – perché un romanzo di storia alternativa possa davvero piacere.

E tuttavia il romanzo storico tira. Non da molto tempo, e questo depone favorevolmente anche per l’ucronia, ma solo a un patto: non trasformiamo l’ucronia in didattica. Non trasportiamola, così com’è, nelle aule universitarie. L’ignoranza storica è tale che rischiamo di confondere idee già di per sé poco chiare. Si potrebbe ipotizzare qualcosa di diverso. L’Università di Copenaghen, Istituto di Lingue e Letterature Romanze, sta studiando il modo di organizzare un seminario sul mio primo romanzo di storia alternativa, Nero Italiano. Un libro in cui anche io proponevo un fascismo negli anni ’70, con un punto di divergenza collocato nel 1940: Mussolini in questo caso non era entrato in guerra.

Cosa vuole fare l’Università di Copenaghen? Anzitutto far leggere il libro agli studenti di Italiano. Quindi provare a discutere di storia e allostoria, per verificare quali leggi le regolino, e se il principio di causa ed effetto che regge la prima possa regolare anche la seconda. Io non ho dubbi: il principio è lo stesso. E tuttavia, storia e fiction devono rimanere distinte. Si può far digerire meglio il contesto di un fatto storico, a chi lo deve studiare, facendo uno o più esempi in cui, cambiando uno o più fattori, il contesto stesso cambia a sua volta. Ma la digressione allostorica deve necessariamente rimanere fine a una fiction.

Che dire in conclusione? La ricerca universitaria ci deve avvicinare al contesto reale, mentre l’accuratezza dello scrittore allostorico ci deve condurre lungo una trama coerente e credibile. Un elemento in comune c’è: che è necessario studiare di più la storia. E se l’ucronia, come credo, può avvicinare con più piacere alla storia reale, be’, ben venga un filone del tutto nuovo per la fantasy italiana come la storia alternativa.

G. Stocco

UNA BREVE INTERVISTA: STORICO E SCRITTORE A CONFRONTO

Baccolini – Il tuo contributo mi è sembrato assai interessante, tuttavia, credo di avervi scorto una contraddizione. Da un lato ricordi l’importanza e il ruolo della fantasia nell’ambito più generale della letteratura di ispirazione storica, dall’altro sembri credere all’esistenza di leggi precise di “causa ed effetto” all’interno dell’evolversi degli eventi. Riguardo quest’ultimo aspetto, ti faccio presente che la psicostoria asimoviana non è stata ancora dimostrata e che le scienze sociali non hanno leggi ben definite. Quindi, perché non ammettere che anche l’architettura storica dei romanzi ucronici è pura speculazione?

Stocco- Sono stato un appassionato lettore di Asimov in passato e qualcosa deve essermi rimasto appiccicato. È vero, la psicostoria non è stata dimostrata come scienza, e la storia è più un prodotto delle leggi del caos che di un rapporto tra causa ed effetto precisamente determinato. Ma, attenzione, a mio avviso esistono eventi e personaggi più importanti di altri. Personaggi e fatti che possono accelerare il corso della storia, o rallentarlo. Poniamo ad esempio che Napoleone rimanga ucciso durante la Campagna d’Italia del 1796. Cosa può succedere? Non è ragionevole ipotizzare che l’Armata Repubblicana subisca una disfatta tale da mettere in discussione la stessa tenuta della Rivoluzione in Francia e, nel lungo periodo, l’assetto storico-politico che ne conseguì? Avremmo potuto assistere a un perpetuarsi nei secoli dell’Europa delle monarchie? Diversamente, tuttavia, se proviamo a ipotizzare che Cesare non venga ucciso alle fatidiche idi di marzo del 44 a.C. Oppure, meglio, poniamo che la congiura venga sventata e i responsabili scoperti e fatti assassinare. Che sarebbe accaduto? Cesare sarebbe diventato l’unico padrone di Roma, e la botta sarebbe stata epocale, con ripercussioni enormi negli anni a venire. Il Senato sarebbe stato distrutto come istituzione, la democrazia si sarebbe risollevata chissà quando. Si può discutere se questo effetto non si sia verificato ugualmente: in questo caso, dunque, il punto di divergenza avrebbe verosimilmente provocato le stesse conseguenze già verificatesi nella nostra linea temporale.

E, se ragioniamo su cose più recenti, come fascismo o nazismo, a tutti è chiaro che tipo di mondo avremmo avuto se Hitler o Mussolini avessero vinto. Insomma, esistono gangli della storia che sono più importanti dei nodi più normali. Gli scrittori ucronici agiscono su questi gangli, e sanno che manipolarne la direzione in un senso o in altro può – nella fiction – dare origine a un mondo completamente diverso. L’ucronia è, sì, campo della fantasia, ma ci sono dunque regole precise. Una di queste è quella della causa e dell’effetto, e in un certo senso, sì, si può dire che lo scrittore ucronico sia uno psicostorico in fieri.

Baccolini – Strettamente legata alla domanda precedente, mi chiedo dove possa trovarsi la plausibilità e l’accuratezza di un contesto storico che ha un’origine in un passato ben definito, ma si sviluppa in maniera del tutto autonoma nel futuro.

Stocco – La plausibilità sta tutta nella ricostruzione. Deve essere accurata. Non si deve quasi notare la differenza con un evento reale. Si deve ricreare, con pazienza certosina, un contesto e far muovere dei personaggi. Creare un mondo. Che poi è quello che fa ogni scrittore. Ma lo scrittore ucronico ha paletti ben precisi. Faccio un esempio. Si può far morire Napoleone e ipotizzare che la Rivoluzione Francese venga sconfitta dall’ondata legittimista che travolge le armate francesi in rotta. Ma non si può sviluppare la vicenda in modo tale che proprio nessuna idea progressista sopravviva. La Rivoluzione Francese è la cresta di un’onda che parte da molto lontano. Per ammazzarla definitivamente bisogna ammazzare gli Illuministi, e indietro fino a Locke, Galilei, Cartesio, Copernico, Leonardo, l’intera cultura rinascimentale, fino forse a ipotizzare lo sterminio totale dei cristiani in età antica. Quindi, se la fiction è fiction, la ricostruzione storica, anche se ipotetica, deve essere credibile. Il Napoleone morto prima di diventare imperatore lascerà dietro di sé un impianto legittimista che sarà più o meno solido a seconda della data in cui si fisserà la sua morte, ma tale impianto, alla lunga, sarà vittima delle idee progressiste, che finiranno comunque per imporsi.

Baccolini – Molte ucronie di autori italiani e stranieri si soffermano sulla Seconda Guerra Mondiale: come mai questo acceso interesse per quell’epoca? È davvero uno snodo così cruciale? O credi, esulando da ogni riferimento politico, che il periodo presenti un particolare fascino per il lettore?

Stocco – Interessa di sicuro, perché l’Italia è ancora un Paese diviso in due: da noi rimane tabù parlare di Resistenza come di guerra civile, tanto per dirne una. Ci sono ancora i nostalgici, e molti scrittori ucronici italiani simpatizzano per i “perdenti”. E poi c’è un’altra considerazione: l’evento. La Seconda Guerra Mondiale ci è ancora vicina ed è un snodo fondamentale per capire il nostro mondo attuale. È evidente che autori con impostazione storica e passione per la polemica si interessino a una Seconda Guerra Mondiale alternativa, così come è stato fatto negli USA per la Guerra di Secessione.

Baccolini – Una domanda che ti avranno posto in tanti: perché occuparsi proprio di storia alternativa?

Stocco – Risponderò parafrasando un titolo di una splendida raccolta di ucronie curata per la storica Editrice Nord dall’altrettanto mitico Piergiorgio Nicolazzini: perché la storia alternativa tratta degli infiniti mondi del possibile, è la fantascienza senza le astronavi.

Baccolini – Parlaci un po’ della tua ucronia o meglio delle tue ucronie: a differenza della ricostruzione del tuo “collega” Farneti, gli Italiani non sembrano passarsela troppo bene…

Stocco – Io non appartengo alla schiera di quelli che narrano di un fascismo vincente, dal volto umano e benvoluto nel mondo, al punto di combattere al fianco degli americani in Vietnam. No, a parte l’indiretta citazione della storia scritta dall’amico Farneti, il mio punto di vista è molto diverso. Ucronicamente parlando, io credo che se l’Italia fosse rimasta fuori dalla guerra nel ’40, il suo destino si sarebbe avvicinato a quello della Spagna franchista: saremmo diventati in breve tempo periferia d’Europa, e la dittatura fascista si sarebbe ammorbidita fino a diventare un regime saldo solo in apparenza, pronto a crollare a ogni spiffero di vento. L’Italia quasi “post-fascista” di Nero Italiano è così. Basta un’innovazione radicale come una donna al potere e il regime si disfà. Nel seguito, Dea del Caos, il tessuto connettivo del Paese è talmente deteriorato che nel 2005 ci sono addirittura tre Italie diverse. Io non credo, insomma, alla possibilità di un’Italia come grande potenza in una dimensione ucronica. Italietta eravamo e siamo stati, e lo saremmo rimasti in almeno infinito meno x dimensioni alternative. Certo, ucronicamente parlando ci sarebbe anche la possibilità di un’Italia al centro di un nuovo impero d’Occidente, ma secondo me troppe variabili avrebbero dovuto trovare la giusta collocazione affinché l’illusione da qualcuno cullata potesse realizzarsi.

Baccolini – Abbandoniamo l’ambito storico e inerpichiamoci nelle assai spinose questioni di genere. Dove collocheresti i romanzi ucronici, nell’ambito della fantascienza o del fantasy?

Stocco – Decisamente nella fantascienza, ma senza le astronavi. Sebbene qualche scrittore ucronico abbia derive esoteriche, la storia alternativa con la magia non c’entra proprio niente. E io considero fantasy ogni romanzo che implementi nella sua trama e nella sua storia una dimensione magica.

Baccolini – L’ucronia, diciamocelo, è stata, come la letteratura fantastica in genere, trainata dall’effetto Signore degli Anelli e dai romanzi di Harry Potter. Potrà avere un futuro anche in seguito o verrà dimenticata o spregiata come in passato?

Stocco – Se nascerà una scuola di scrittori bravi e preparati, sì, l’ucronia può diventare un mainstream, e ospitare dentro di sé gialli, noir, horror. Qualsiasi cosa.

Baccolini – Ti sentiresti di consigliare o sconsigliare a un aspirante scrittore di occuparsi di ucronie?

Stocco – Sì, se ha coraggio, fantasia, e soprattutto tanta cura per il particolare. Ah, dimenticavo: anche tanta pazienza; si prepari a essere considerato e apostrofato come giallista, noirista e a dire no, io non sono così e cosà. Gli risponderanno: ma come, il tuo romanzo è un giallo. È un noir. E lui dovrà rassegnarsi a dire, avete ragione voi. Ma continui a inserire, imperterrito, contesti ucronici. Dagli e dagli, qualcosa resterà.

Baccolini – Per concludere un occhio al futuro, come si conviene a chi si occupa di storia alternativa: quali sono i tuoi progetti? Hai intenzione di percorrere altre strade o continuerai a scrivere romanzi ucronici?

Stocco – Ne ho un paio in corso di revisione presso alcuni editori. Ribadisco, per me l’ucronia è come il pane, se penso a un romanzo per me viene naturale pensare alla storia alternativa. Ma il mio prossimo libro in uscita sarà, stranamente, di fantascienza. Stranamente, insomma. Ho descritto un mondo, ancora. E questo è quello che in fondo fa ogni scrittore. Ma la domanda “cosa sarebbe successo se” è presente anche qui. Bisogna solo saperla trovare…