Ucronie
Storia e fantasy: un connubio possibile, auspicabile… ma non assoluto
Jaques Le Goff, noto studioso del medioevo, in un importante saggio (J. LE GOFF, Storia e Memoria, pp. 36-37) distingue, per così dire, i romanzi storici di contesto da quelli che, in un certo qual modo, si avvalgono di una piega secondaria degli avvenimenti. Cosa significa tutto questo? Cercherò di spiegarlo…
Lo storico francese, appartenente alla scuola dei Les Annales, vede gli avvenimenti del passato non nell’ottica di una sequela di episodi bellici, ma come un complesso viluppo di fenomeni economici e sociali. Un romanzo di “contesto” avrà quindi il compito di ricostruire tutta questa serie di fenomeni proponendo al lettore una immagine realistica di una società del passato. Una simile rappresentazione potrà, secondo Le Goff, portare anche a creare sviluppi storici inediti, purché coerenti con il substrato socio-economico evocato dallo scrittore. Per converso esistono invece romanzi storici che, pur rimanendo fedeli alle vicende passate, ne sfruttano i lati oscuri, le pieghe nascoste o incentrano la narrazione su personaggi secondari citati o addirittura non presenti nelle fonti a noi giunte. Le Goff, tuttavia, dà a questo tipo di romanzi un valore minore dal punto di vista didattico essendo egli stesso portato, come si diceva, a preferire il contesto agli avvenimenti tout court.
All’interno del genere fantasy, assai multiforme per definizione, alcuni scrittori si sono cimentati nella narrazione “storica”. In questi romanzi l’aspetto “fantastico” è legato a una marginale e spesso secondaria comparsa dell’elemento magico. È dunque possibile, mi chiedo, che anche queste opere possano avere una valenza didattica, come il romanzo storico? E possiamo applicare le categorie interpretative di Le Goff a questi romanzi? Sulla prima domanda, mi riservo di rispondere in seguito, mentre vorrei immediatamente affrontare il secondo quesito con esempi concreti. Inizierei la mia disamina citando due autori americani, Gemmell e H. Turtledove. Gemmell ci rappresenta, nel ciclo di Parmenion, la Grecia a cavallo tra il IV-III secolo a.C. in modo abbastanza fedele e sceglie di incentrare la narrazione sul misconosciuto generale macedone Parmenione di cui le fonti non ci hanno lasciato molte informazioni. Parmenione, dunque, diventa un esule spartano all’interno della vicenda gemmelliana, e verrà coinvolto in tutti i principali avvenimenti della storia greca: la vittoria tebana di Leuttra, l’ascesa di Filippo il Macedone, l’affermazione di Alessandro Magno. Particolarmente interessante appare l’interpretazione di quest’ultima figura, eroe combattuto tra istanze orientali e tradizione occidentale nella realtà e che è, invece, visto nell’opera di Gemmell come dominato da un’entità demoniaca.
Credo, nonostante le doverose concessioni alla fantasia, che questi scritti possano essere considerati romanzi di contesto. Un contesto che, presentato con coerenza e dovizia di particolari, può non solo donare realismo all’intera vicenda, ma anche fungere da viatico per approfondire un particolare periodo storico. La curiosità spingerà, infatti, il lettore a documentarsi, a verificare con mano i particolari storici descritti dal romanziere. E qui veniamo all’aspetto “didattico” che, a mio parere, può e, perché no, deve essere perseguito dall’autore. Per Turtledove il discorso appare più complesso: applicherei, infatti, la definizione di storia di contesto per il suo “Ciclo della Legione”, interessante e inedito esperimento di connubio tra Romani di età repubblicana e Bizantini (alias Videssiani). La stessa cosa farei, più generalmente, per i romanzi legati al mondo di Videssos, dove si ripercorrono quasi pedissequamente vicende e situazioni politiche legate al mondo bizantino. Il “Ciclo dell’Oscurità”, invece, pur ricalcando in molte delle sue vicende la storia della Seconda Guerra Mondiale non può certamente essere considerato “storia di contesto”, né può avere quel valore didattico di cui si accennava in precedenza.
Le altre opere di Turtledove, mi riferisco alle ucronie pubblicate e non pubblicate in Italia, mi permettono di parlare di questo inedito e interessante filone a cavallo tra fantasy e fantascienza. Possono, dunque, le opere ucroniche essere considerate “storie di contesto”? In un certo senso sì, ma nello stesso tempo sarei assai restio ad attribuire a queste opere una qualsivoglia valenza didattica. Il fatto stesso di proiettare il contesto nel futuro o nel presente, permette allo scrittore troppe libertà, troppe interpretazioni arbitrarie di quel substrato politico sociale appartenente al passato a cui si è ispirato. Infine, cosa più importante, l’ucronia parte da un presupposto inaccettabile dal punto di vista storico: non si può, infatti, enfatizzare eccessivamente l’importanza di un solo evento. Cosa sarebbe successo se i Francesi non avessero perso a Waterloo? Con ogni probabilità avrebbero soltanto rinviato l’inevitabile sconfitta, essendo l’esercito francese assai provato dopo la catastrofe russa. Insomma, difficilmente nella storia recente e passata si possono identificare episodi davvero risolutivi per lo svolgimento generale degli avvenimenti, né possiamo azzardare interpretazioni o prognosi troppo ardite a riguardo. Un antico adagio, mai venuto meno, afferma, infatti, che la storia non si fa con i se e i ma.