Videodrome

Videodrome

Max Renn (James Woods) è presidente e comproprietario di una stazione televisiva indipendente, la Civic TV, Canale 83, specializzata in programmi sensazionali con pesanti dosi di sesso e violenza. Quando il tecnico Harlan (Peter Dvorsky) s’imbatte casualmente in uno show pirata sperimentale denominato “Videodrome”, che trasmette sadiche torture e omicidi, Max rimane attratto dalla possibilità di sfruttare uno spettacolo così estremo. Pur sconsigliato dall’amica Marsha (Lynne Gorman), comincia allora a investigare per scoprire la fonte del segnale.

Durante un talk-show televisivo conosce la bella Nicki Brand (Deborah Harry), torbida conduttrice radiofonica con la quale intreccia una relazione, e Brian O’Blivion (Jack Creley), guru della televisione (che però si rifiuta di apparire di persona).

Quest’ultimo, nel proseguio delle indagini, gli si rivelerà come profeta della “Nuova Carne”, la fazione che pare opporsi alla messa in onda del Videodrome: morto da tempo a causa del diabolico segnale che provoca agghiaccianti allucinazioni – delle quali rimane vittima anche Nicky –, O’Blivion “esiste” solo grazie a videocassette preregistrate e conservate dalla figlia Bianca nella sua “Chiesa Catodica”, dove sono elargite gratuitamente ai barboni dosi di “sana” TV.

Brian informa Max della perversa filosofia del programma, basata sulla rieducazione delle masse – oramai drogate di immagini e avvezze all’ultraviolenza – tramite violente allucinazioni.

Il Videodrome è gestito clandestinamente da Barry Convex (Les Carlson) titolare della “Spectacular Optical”, un’industria di occhiali e strumenti ottici.

Con la complicità di Harlan – che in realtà, fin dall’inizio, sottoponeva deliberatamente Renn all’influsso della trasmissione pirata – Convex vuole impossessarsi del Canale 83 per diffondere la micidiale frequenza in tutto il mondo.

Max, sempre più confuso e reso insensibile, è “pilotato” in un crescendo di allucinazioni e omicidi, fino a incontrare nuovamente Bianca O’Blivion, ultima vittima designata, la quale gli offrirà però una salvifica – quanto sanguinosa – alternativa…

Commento

Film assai complesso, “vivo” e “pulsante” ancora oggi, grazie al suo libero flusso d’immagini e idee, Videodrome, come il programma TV omonimo, ha una sua filosofia: istillare negli spettatori il dubbio di poter essere manipolabili o addirittura già manipolati tramite i mass media. David Cronenberg, qui una fusione di O’Blivion e Convex, agisce brutalmente sul nostro sistema nervoso per “aprirci” la mente, per curarla, per “svegliarla” infine nel mondo reale: può l’immagine essere usata come un’arma? Cos’è la realtà, se non una percezione elaborata dal nostro cervello? È possibile trasformare una persona in un videoregistratore umano e condizionarlo, “telecomandarlo” a proprio piacimento? Queste sono le premesse e l’ispirazione geniali di questo coraggioso film d’avanguardia, insuperato manifesto del cinema horror del regista che horror però non è mai stato: Cronenberg fa più che altro un cinema artisticamente affine a quello di Lynch e altrettanto inclassificabile, dal quale purtroppo si sta sempre più allontanando, cedendo alle lusinghe di Hollywood. Ma ieri, nell’82, l’urgenza di trasmettere un monito sui pericoli del “controllo” televisivo da parte di un qualsivoglia potere politico, era assai forte e genuina.

Videodrome è molto più di un programma televisivo sovversivo, è un prototipo di guerra psicologica futura, inquietante poiché possibile: è provato infatti che alcune frequenze di onde elettromagnetiche possono interferire con le funzioni cerebrali.

Che cosa sia esattamente Videodrome e chi si celi davvero dietro questo fantomatico segnale TV non lo sapremo mai; insieme a Max iniziamo un viatico di doloroso affrancamento dalla nostra personalità (e dal nostro corpo) per divenire altro, e parte di qualcos’altro. L’angoscia nella visione di questo film risiede nell’assenza di informazioni e nella nostra inesorabile identificazione col protagonista, pedina in un (video)gioco più grande di lui, manovrato fin dall’inizio e progressivamente privato di umanità e volontà. Scivoliamo nell’insicurezza, inquadratura dopo inquadratura, allucinazione dopo allucinazione, consapevoli solo di essere oggetto di un oscuro, orribile esperimento.

Per catturare lo spettatore-vittima-paziente, per garantire la sua attenzione totale, l’operazione Videodrome del diabolico “mad doctor” Convex fa leva sui peggiori istinti umani, mostrando una pornografia sado-masochista; ma in realtà chi guarda vede ciò che vuol vedere, soggettivamente: la “frequenza” è identica per tutti, ognuno ha però una propria personale percezione dello show. Il “contagio” (o l’inizio della “cura”) tramite il segnale televisivo avviene proprio in quel momento, durante la visione del “programma” in grado di alterare permanentemente la struttura cerebrale. Il risultato è cumulativo, cresce con l’esposizione, e crea un varco a devastanti allucinazioni controllate da una fantomatica fazione politica decisa a “rieducare” (dominare) l’umanità usando, tanto per cominciare, la TV di Max.

Le allucinazioni sono funzionali all’assoggettamento di Max, e chi come lui viene esposto al segnale diventa condizionabile, uno strumento (rappresentato metaforicamente come “videoregistratore” programmabile, in carne e ossa) a fini politici nelle mani del “potere”, con una missione da compiere. Questo solo intuiamo e tanto ci basta per riflettere intensamente sul ruolo dei media, oggi più che mai.

Perdiamo giustamente anche noi il lume della ragione e il filo della trama, che si sfilaccia sempre più, ma i cui vuoti sono riempibili dalla nostra personale esperienza col mezzo televisivo. Le masse vanno salvate dai loro appetiti perversi, e Videodrome è una medicina assai efficace – come traspare dal dialogo tra Max e il viscido Convex –, ma non possiamo non pensare che insieme a ciò ci sia dell’altro, e cioè una manipolazione radicale anche delle nostre idee.

Nel futuro rappresentato nel film (e quindi oggi), abbiamo la possibilità di vedere, vedere sempre di più e più in profondità (a nostro rischio e pericolo) – nella realtà soprattutto tramite Internet –, rischiando la totale (video)dipendenza dal “visibile”, diventando noi stessi videoregistratori, fruitori passivi di immagini e messaggi in grado poi di agire sulla nostra psiche riprogrammandola per compiere azioni e strategie altrui.

Alla fine del film, abbracciare la religione “catodica” della Nuova Carne è l’unica via di salvezza: attraverso il suo suicidio-sacrificio, Max potrà transustanziarsi in immagine televisiva raggiungendo l’amata Nicky in una nuova dimensione dello spirito, lontano dalle tentazioni della “vecchia carne”.