ANTEPRIMA TESTO
Non aprire la porta. Non aprire la porta. Non aprire la porta!
Così aveva detto suo padre con la faccia ridotta a una gonfia maschera d’agonia attraverso la finestra rotta dello studio. La sua voce era così intensa che Dave sentì di doverlo fare solo per una volta. Entrando in casa, passò davanti alla porta chiusa dello studio: aveva la testa vuota, stordito com’era per lo shock. Il libro delle istruzioni era aperto a pagina uno, sul televisore che Dave non aveva mai guardato. Spiegava molte cose.
I. Assicurati di avere la cartelletta dei documenti.
Eccola. L’aprì subito e vide sbucare da uno degli scomparti un angolo del suo biglietto della lotteria.
II. Applica immediatamente il gel antibatterico.
Guardò fuori dalla finestra della stanza da pranzo. La strada deserta che portava in città era fiancheggiata dai resti delle case bruciate. Spalmò la pomata sul viso e le braccia anche se tutti erano convinti che non serviva a niente. Quanti milioni di persone erano morte nonostante la pomata? Con una risata isterica s’immaginò di vedere un cartello indicatore del futuro. New Florence (New York). Abitanti 4. In diminuzione. Qualunque animale a sangue caldo aveva i giorni contati. Il gel aveva uno strano odore di gas volatili – un misto di petrolio e di canfora – e lui se l’era spalmato solamente perché suo padre gliel’aveva ordinato. Sembrava che il Maestro lo sorvegliasse anche da morto, perciò Dave ubbidì automaticamente agli ordini scritti, con gli occhi pieni di lacrime e le ginocchia molli.
III. Per quanto forte possa essere l’impulso, anche se il corpo si muove ancora, non avvicinarti.
Dave annuì piangendo ma scoppiò a ridere davanti alla concisione assurda del numero 4.
IV. Incendia la casa.
V. Consulta una carta stradale per raggiungere lo svincolo e la rampa d’accesso alla Superstrada dall’ingresso di Buffalo.
VI. Strada facendo passa dai Marquand. Potrebbero avere qualche messaggio da affidarti.
Si lasciò cadere in poltrona con la faccia tra le mani. Incendiare la casa? Bene. Ma prima un’occhiata. Vergognandosi perché stava disubbidendo, andò verso la porta dello studio deglutendo nervosamente a vuoto. La socchiuse appena senza far rumore, trattenendo il fiato. Vide la figura accasciata sulla scrivania con un libro aperto e la lampada a petrolio ancora accesa. Strano, mentre tutta la casa avrebbe divampato, la lampada avrebbe continuato ad ardere debolmente. Spostandosi, notò il braccio posato su una lattina rovesciata – doveva essere il barattolo della marijuana – e vicino, il portacenere con un mozzicone giallo. Chiuse la porta e lasciò andare il fiato. Sulla scrivania doveva esserci anche la bottiglietta delle pillole di cianuro che probabilmente suo padre aveva inghiottito.
Uscì e andò nel garage. Strisciò di fianco all’auto che non era usata da molti anni, prese la bicicletta e la portò fuori. Poi andò nella legnaia a prendere il rimorchio, un contenitore di metallo che in origine era stato il serbatoio di riserva di un piccolo aereo e che suo padre aveva adattato per il viaggio. Dentro c’erano manuali, libri di medicina, cibi in scatola, confezioni di vitamine sottovuoto e attrezzi per il campeggio.
Faticò molto per agganciare la bicicletta al rimorchio. Le mani si rifiutavano di ubbidire ma infine riuscì a costringerle e fu pronto. Incendia la casa.
Bisognava appiccare il fuoco nel soggiorno e in cucina. Mentre il fuoco cominciava ad attecchire, Dave si soffermò a guardare, posando lo sguardo sulle lampade di fortuna, sulla stufa a legna e sulla pompa a mano istallata in cucina. Aveva l’impressione che tutta la vita di suo padre da quando lui era nato – adesso andava per i diciotto avesse ruotato intorno a due cose a cui si era attenuto con monotona e cocciuta precisione: sopravvivere in quella casa e preparare Dave al viaggio. V. Strada facendo passa dai Marquand.
Rimase a guardare la sua casa che crollava, con gli occhi della mente puntati sull’immagine della lampada che ardeva fioca nello studio mentre le fiamme avanzavano. Le cose andavano più a lungo del previsto. Le fondamenta resistevano e lui non si fermò più a guardare mentre le fiamme divoravano tutto a poco a poco.
Partì verso la casa dei Marquand lungo Center Street col piccolo rimorchio che continuava a sobbalzare rumorosamente. Le ultime case rimaste in piedi coperte di rampicanti ed erbacce e saccheggiate anni prima gli sfilavano ai lati senza che lui le guardasse. Più avanti la strada era piena di vetri rotti, detriti e auto bruciate parzialmente nascoste dalla vegetazione.
Chiamò fermo a una quindicina di metri. I Marquand capirono subito vedendo il rimorchio. La signora mormorò qualche parola di simpatia mentre il marito, alle sue spalle, impugnava il fucile. Sempre vigile.
— Dunque Charlie se l’è beccata? — gridò.
Christie era sul dondolo sotto il portico, e Dave notò che ormai si era fatta donna.
— È la tua casa che brucia? — continuò Marquand superando la moglie. Dave annuì. — Il Cepha?
— Sì. Charlie voleva sapere se c’erano messaggi o altro.
— No. Così, Charlie s’è beccato il Cepha. Vorrei tanto sapere come — sibilò a sua moglie. Christie continuava a dondolarsi. — Ormai è un anno che sono stati bruciati tutti, e mi piacerebbe sapere come.
— Papà diceva che è stato il viandante.
La signora Marquand si lasciò sfuggire un singhiozzo roco e Christie saltò giù dal dondolo che le andò a sbattere contro le gambe.
— Quale viandante, Dave? — chiese Marquand.
— Un tizio che è passato la settimana scorsa. Era diretto in Canada, o così almeno ha detto.
Christie gridò: — Maaa! — e si precipitò in casa.
— Quando se n’è andato Charlie?
— Stamattina.
Marquand entrò in casa e Dave sentì le loro voci concitate mentre cercavano di stabilire quante probabilità avevano. Christie tornò a sedersi sul dondolo, agitatissima, con gli occhi issi su Dave. — Allora l’hai preso anche tu — gridò.
— Non lo so. Mio padre mi ha detto di andarmene. Dice che seguendo le istruzioni posso star tranquillo.
— Quali istruzioni?
— Niente, niente. Bisogna stare attento.
— Scommetto che te lo sei beccato. Fra un momento comincerai a ballare e papà dovrà farti fuori.
— Diceva che se rimaniamo gli unici vivi in città probabilmente non lo prenderemo.
Il signor Marquand tornò a uscire. Si era ricomposto. — Ti auguriamo un viaggio sicuro, Dave, per amore di Charlie, e per tutto quello che ha fatto. Buona fortuna! Hai preso tutta la tua roba?
— Sì. È nel rimorchio.
— Vorrei che Christie potesse venire con te ma c’è la lotteria sai… comunque — e si voltò a guardare la colonna di fumo nero che si levava dalla parte opposta della città — comunque spero che tu ce la faccia. Quel viandante è passato anche di qui.
— Quanto si è avvicinato? C’ era vento?
— Sei o sette metri credo e non tirava vento. Non mi pare. Senti, vorrei che dicessi di non averci visti. Che non c’è più nessuno. Quell’uomo diceva che pensano che fuori dal tratto New York Jersey non ci sia nessun superstite. Ha raccontato delle cose! Appena sarà possibile, noi…
— D’accordo — rispose Dave. — E il Cepha? Credo che voi non corriate pericolo. Charlie aveva fatto entrare in casa quell’uomo. Sapete com’era Charlie quando trovava qualcuno con cui parlare.
— Poveretto — sussurrò Marquand. — Così se l’è beccato.
— Già. Credevamo che ormai fosse finito, invece…
— Ciao, Dave — disse Christie. — Spero che tu ce la faccia.
— Ciao, Christie; salve, signor Marquand.
— Abbiti cura, Dave.
Si era appena allontanato dalla casa dei Marquand pedalando faticosamente con un senso di fastidio dovuto alla pomata che si era spalmata addosso, con la colonna di fumo che gli torreggiava alle spalle, quando fu costretto a fermarsi. Si bloccò reggendosi in equilibrio a gambe divaricate e gridò con un senso di disgusto per non essersi saputo dominare. — Maledetto pivello! Maledettissimo pivello! — Poi ritrovò la calma e fu sopraffatto da un senso d’inerzia. Davanti a lui la strada ingombra di detriti si stendeva dritta e desolata e i suoi occhi ne colsero improvvisamente e con minuziosa lucidità la totale incongruenza. I singhiozzi finirono bruscamente com’erano cominciati e lui rimase a cavalcioni della bicicletta, con le mani strette al manubrio. Si sentiva svuotato, ripulito, neutralizzato. Si schiarì la gola, pigiò sui pedali e si rimise in cammino.
Conosce la zona che sta attraversando, con le auto bruciate e capovolte dove aveva giocato con gli amici che erano usciti uno dopo l’altro dalla sua vita, fino all’ultimo che se n’era andato un paio d’anni fa. Poi era rimasto solo a prendere a sassate i finestrini e incendiando i sedili. La strada asfaltata con le erbacce che spuntavano fra le crepe e la sbiadita striscia bianca al centro si allunga verso le verdi colline serpeggiando attraverso le piccole valli. Il panorama sembra fatto di cuscini verdi schiacciati a casaccio da un gigantesco pezzo di nastro magnetico nero e consunto.

Tit. originale: Blakely’s Ark
Anno: 1981
Autore: Ian MacMillan
Edizione: Mondadori (anno 1983) -Collana “Urania” n. 950
Traduzione: Beata della Frattina
La quarta di copertina:
Classificazione del morbo: Parassitosi encefalica. – Agente Patogeno: Virus “Cepha” – Origine: Sconosciuta. – Caratteristiche: Virus capace di impiantarsi parassiticamente su altri virus. Trasmissione: tutte le forme conosciute di contagio virale. Periodo di incubazione: sette giorni. – Sintomi: Emicrania, vertigini, prurito, nausea, seguiti a distanza più o meno breve da violente nevralgie con vomito, convulsioni, delirio. Morte per collasso cardiaco o soffocazione da vomito. – Prevenzione: Nessun sistema efficace. – Cure: Nessuna. – Probabilità di sopravvivenza: Zero.