Visitor

Visitor

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Due giovani, Andy e Kate, si recano nel deserto del Nevada, incuriositi dai numerosi avvistamenti di velivoli non identificati verificatisi in quella zona. Kate è condannata da un male incurabile, e il suo ultimo desiderio è ricevere una prova dell’esistenza di vita extraterrestre.

Giunti nei pressi di Groom Lake, una cittadina di poche anime, i due incappano in un incidente: dopo essere penetrati in una zona militare, il fuoristrada in cui viaggiano si ribalta. Mentre Andy si allontana per cercare aiuti, una coppia di campeggiatori in caravan si avvicina a Kate, la aggredisce e forse la violenta. Come non bastasse, poco dopo la ragazza rimane esposta alle radiazioni prodotte da un incredibile velivolo traslucido di forma simile a una medusa, che s’innalza in volo da un punto imprecisato del deserto.

Tornato e scoperta l’aggressione, Andy porta immediatamente Kate da un medico; lì la giovane finisce però sequestrata da misteriosi agenti governativi…

William Shatner, il celeberrimo Capitano Kirk dell’Enterprise, già autore di vari romanzi ambientati nel colorato universo di Star Trek e regista del quinto film della saga (Star Trek V – L’ultima frontiera), dirige nel 2002 questo Visitor (Groom Lake), un film creato per il mercato dell’home video, quindi mai apparso in una sala cinematografica.

Dietro alla macchina da presa, il Capitano dà prova di essere un bravo autore popolare, addestrato alla scuola della televisione e capace di comunicare con il suo pubblico. L’ambientazione è almeno in parte singolare: il deserto del Nevada, con le sue basi militari, è effettivamente una località molto nota agli appassionati di ufologia.

Il paese descritto nel film consiste in una fila di case disposte lungo una strada polverosa, edifici arsi dal sole, con pochi negozi, un distributore gestito da un meccanico rissoso e scostante e una tavola calda che vende junk food e offre souvenir pacchiani. Da una trentina d’anni la gente si reca sulle vicine colline per vedere apparire strane luci in cielo. È un rito che in quella parte di America si verifica anche nella realtà, una faccia tutto sommato deprimente che poche pellicole hanno il coraggio di mostrare.

Il boom economico è scivolato su Groom Lake, gli abitanti campano modestamente sulla disarmante ingenuità dei turisti, indossano maschere e tute luccicanti e inscenano tristi spettacoli a tema, spacciando gadgetteria da pochi dollari. È una sorta di Disneyland malmessa, per persone che vogliono credere negli alieni a tutti i costi. Praticamente nessuno giunge lì attratto solo dalla maestosa bellezza del deserto. Il quadro del piccolo paese e della sua popolazione è davvero una sorpresa per gli spettatori abituati a immaginare l’America delle metropoli e del benessere.

Riprendendo le teorie cospirazioniste più in voga che hanno per oggetto la famigerata Area 51, Visitor ci presente una base militare che si presume nascondere il più classico dei segreti, ovvero la presenza di una creatura extraterrestre. L’idea è sfruttata, ma solo verso la conclusione del film si scopre se l’alieno è autentico, e se l’astronave è realmente tecnologia non umana o se si tratta invece solo di un avanzato modello di aereo, destinato a usi bellici. Andy (e con lui gli spettatori) immagina che i militari stiano sperimentando una nuova arma, e distraggano la gente alimentando la credulità con esibizioni di luci e raggi laser. Il finale dirà se aveva ragione o torto.

Calati in questa ambientazione, i personaggi sono meno stereotipati di quanto ci si potrebbe attendere. Ciascuno di essi simboleggia uno dei vari possibili atteggiamenti che è comune ritrovare nei confronti dell’ipotesi di vita extraterrestre. Il tema dominante della pellicola è la ricerca di risposte: credere o meno agli alieni, credere o meno alla vita oltre la morte, dare un senso all’esistenza. Davanti a simili interrogativi, la storia narrata è un prevedibile contorno, che mescola misteri sulla falsariga di opere come X-Files, K-Pax, Incontri ravvicinati del terzo tipo. L’unica vera risposta è affidata alle labbra di Kate, alla sua convinzione personale, nel finale dolce e amaro: l’essenza dell’uomo è immortale, il corpo è un contenitore che se ne va.

Il film è un B-movie, molto onesto e privo di pretese: il soggetto rielabora temi di facile presa sulla platea, la sceneggiatura risente dei ritmi televisivi lenti, la fotografia ricorda quella di tante fiction. William Shatner, oltre a essere il regista e lo sceneggiatore, interpreta John Gossner, militare responsabile della base. La recitazione dei comprimari alterna momenti riusciti ad altri assai meno felici, colpa di dialoghi un po’ prevedibili e retorici. Le location, i set e le scenografie sono improntate all’economia. Gli effetti speciali e il trucco si limitano a un cadavere folgorato dalla corrente della recinzione della base, all’uso di sangue finto, o alla tuta de presunto alieno fatta di plastica e lattice. Quando la grafica digitale finalmente interviene, mostra il flashback della malattia di Kate, crea il fluido alieno, colora di viola i personaggi o l’astronave-medusa, disegna i raggi laser. I ritocchi hanno un tono ingenuo, poco verosimile, e le riprese di quanto creato dai prodigi della tecnica, troppo lunghe e insistenti, mettendo in luce tutti i limiti dei mezzi adoperati.

Rispetto ai consueti B-movie, Visitor ha tuttavia il pregio di rivedere certi luoghi comuni del genere fantascientifico, reinterpretando ambienti e situazioni, questa volta visti attraverso gli occhi di personaggi meno consueti. Senza altra presunzione che quella di intrattenere, regala un’ora e mezza di divertimento disimpegnato.